martedì 16 febbraio 2016

Una sonata di Schumann



Appunti volanti su una Sonata di Schumann, l’op. 22 in sol minore.  Le prime quattro battute farebbero prevedere un tema semplicissimo, costruito su una scala discendente. Moltissime musiche sono costruite su frammenti di scala. Soprattutto nel romanticismo. Čajkovskij ci costruisce addirittura un'opera intera, l' „Evgenij Onegin“. Ma Schumann procede in maniera assai originale. Complica la scala con il contrappunto e sposta gli accenti della frase sui tempi deboli. Ma non sempre. Accentuazione regolare e irregolare si contrastano in brevi spazi. Anche all'interno della stessa battuta. La scrittura a più voci non è solo un espediente virtuosistico per mettere in risalto le polifonie pianistiche. Ma assume un carattere di profonda connotazione insieme espressiva e psicologica. Il senso d'instabilità che l'intrico nervoso, quasi isterico, delle voci produce, è il carattere fondamentale della sonata. L'Andantino in 6/8 sembrerebbe introdurre un'oasi di tranquillità: gli accordi ribattuti della sinistra funzionano da onda sonora rassicurante.  Ma è un'illusione. Alla battuta 5 le voci sono già diventate quattro. E quattro resteranno fino alla coda. Insomma, il romanticismo di Schumann non sta tanto nel predominio di un effetto emotivo che la musica voglia produrre, bensì  piuttosto nell'individuare di volta in volta una situazione di caos, di labirinto, dal quale è difficile, se non impossibile, trovare la via di uscita. Vi contribuisce anche il virtuosismo pianistico, che, a differenza di quello di Liszt, ma soprattutto di Chopin, non è inteso a chiarire le strutture formali del pezzo, bensì a nasconderle, occultarle, in modo da trascinare l'ascoltatore in una „selva oscura“ dentro la quale si smarrisce. Le zone di distensione cantabile, allora. invece di rappresentare un'oasi o la promessa di un'oasi tranquilla, esasperano ulteriormente l'instabilità della costruzione. Le melodie schumanniane raramente si adeguano alla pacatezza di una scansione regolare. E quando anche tale scansione si attua, a smentirne la stabilità subentra l'irrequietezza dell'armonia. Insomma il mondo di Schumann è quasi sempre la raffigurazione di un mondo che crolla, e il compositore ci dice con angoscia che non conosce il modo, la via per arrestarne il crollo, può solo rappresentarlo. Ecco perché l'interpretazione di Schumann è così difficile. Bisogna impadronisrsi di un virtuosismo pianistico quasi disumano, ma non per comunicare all'ascoltatore la propria bavura, bensì solo per implorarne, se possibile, la complicità, tutta quella complicazione è una disperazione senz'uscita. Per questo i pianisti recalcitrano un po' ad affrontare certe pagine di Schumann, la loro difficoltà, immensa, non trova riscontro in un effetto gratificante all'ascolto, il pubblico non sempre capisce, infatti, quanto sia difficile la musica che sta ascoltando. La musica di Schumann mi ha sempre fatto un'impressione simile a quella delle prima pagine del „Concetto dell'angoscia“ o della „Malattia mortale“ di Kirkegaard. Gli anni sono gli stessi. Kirkegaard, però, fa il „salto“ nello stadio successivo: la libertà di essere sé stesso, la ricomposizione delle parti scisse di sé stesso. Schumann non ci riesce: il suo sé stesso è un sé stesso diviso, lacerato. L'unico salto che gli è dato compiere è quello nel Reno, o quello „finale“ nel manicomio di Endenich (sunt omina nominum! Ende in tedesco è Fine, potremmo tradurre il nome con Finale). E tuttavia una ricomposizione c'è, che Schumann sconta con la propria sofferenza di uomo e di artista: quella della sua scrittura. Nessun'altra ha saputo mai rappresentare con tanta precisione ed efficacia le scissioni della psiche, le lacerazioni del pensiero. Il dolore è talmente distruttivo che fa tenerezza. Schumann non scrive solo musica bellissima: scrive musica amorosa come poche altre. Ed è per questo che non si può non amarla. E accettarne, viverne anche in sé stessi la lacerazione, il dolore.
 Grazie, Maurizio Baglini! Queste riflessioni mi sono nate ascoltando la tua incisione delle Sonate di Schumann. La prima incisione di tutta l'opera pianisitica di Schumann. Buon viaggio! Ti accingi ad afrontare un'impresa terribile. Ma ce n'è bisogno. Sta qui la verità che il mondo di oggi sembra rifiutarsi di vedere. In questa rappresantazione del dolore, della scissione, senza paura di guardare in faccia la disperazione, e, soprattuto, senza la voglia di mascherarla subito con false illsioni.

Fiano Romano, 16 febbraio 2016