Globe Theatre, Roma. Pene d’amor perdute di William Shakespeare: saluto degli attori.
Avevo 19 anni. Vidi Love’s Labour’s Lost, Pene d’amor perdute, di Shakespeare, per la prima volta al Teatro Romano di Ostia Antica. Era l’estate del 1960. Lo spettacolo veniva dal Teatro Romano di Verona. Tra gli attori, Giancarlo Sbragia, Ave Ninchi, Gianni Santuccio, Paolo Carlini, Valeria Moriconi (Rosalina), Eliana Ghione. La regia era di Franco Enriquez. Lo spettacolo mi restò impresso, e dura nella mia memoria. Aveva un carattere fiabesco affascinante, interrotto bruscamente alla fine dall’arrivo di Mercade. E’ una strana commedia (ma c’è una commedia di Shakespeare che non sia almeno fuori le righe?). Il Re di Navarra si ritira insieme a due gentiluomini per dedicarsi allo studio e alla scienza lungo la durata di tre anni. A rompere l’isolamento, ma non l’incanto, giunge la figlia del Re di Francia con due damigelle.
E succede ciò che succede sempre in una commedia quando un uomo incontra una donna. I tre uomini s’innamorano delle tre donne. E si danno, con esse, alla più pazza allegria, non senza scambio di mascheramenti e di scherzi.
Talora c’è il rischio di eccedere in toni farseschi, ma il ritmo comico del dialogo è inflessibile, ed evita le cadute. Eccezionale, quasi una prestazione individuale da mattatore, il Biron di Francesco Russo. Alcuni hanno voluto vedere nel personaggio un’allusione alla figura di Giordano Bruno: Bruno, Berowne, Biron. Michele Enrico Montesano presta figura e voce alla macchietta spagnola di Don Armado. La Principessa è Sofia Panizzi, e dispiace che a lei sia tolta la battuta “Morto, per la mia vita”, perché l’annuncio della morte del padre è affidata a Boyet, Davide Fasaro, che qui usurpa la parte di Mercade. Sara Mancuso, Jaquinette, è perfetta controparte di Zucca. Ma tutti vanno citati, per la capacità di reggere una recitazione di gruppo, di condurre avanti l’azione in perfetta sintonia l’uno con l’altro: il Dumain di Riccardo Rampazzo, la Rosalina di Sara Younes, la Caterina di Adel Masciello, il Re di Gabriel Gasco. Chi tiene le fila dell’azione è Danilo Capezzani. Scene e costumi di Marta Crisolini Malatesta. Drammaturgia musicale di Paolo Coletta. Ma la rappresentazione di questo Shakespeare dimostra anche un’altra cosa: che la lettura di un classico non imprigiona la fantasia di un giovane regista e non lo spinge perciò a rispettare la lettera del testo. La drammaturgia originale è interamente ripensata e riscritta. Sacrificando, forse, la complessità di un testo che scherza anche con il tragico, ma restituendo d’altra parte tutta la vivacità di un’azione comica che mozza il fiato. Ne sentiremo parlare di nuovo, di questi ragazzi. E spero presto.
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