martedì 25 novembre 2025

Ellen e Alice

 

                Ellen e Alice


È fragile, sottile, non divide

con lo sguardo nessuna consistenza,

il filo che trattiene il nostro fiato:

come sarebbe un filo d'acqua, lungo,

interminato, che dal becco scende

di una fontana: anch'esso, tutto a un tratto,

trattiene la caduta, tronca il getto

dello scroscio, che subito si arresta.


Ma il filo d'acqua ha il dono prodigioso

di farsi intermittente, ritornare,

se una mano sollecita manovra

la maniglia che regola il deflusso.

Il nostro fiato, una volta che smette

di respirare, più non si riaccende,

non riconnette il filo dentro l'aria

che lo accoglie, non attraversa il tempo,

non si fa più sentire dall'orecchio

che aspettava di udirlo: tace, cessa

per sempre, anche se fievole, il suo soffio,

e l'orecchio in attesa non lo sente.


Di solito l'interruzione accade

per caso, che nessuno se l'aspetta,

o dopo lunga malattia declina,

o, prevedibilmente, per l'eccesso

degli anni, per l'accumulo di vita,

anche la vita spegnersi talvolta

può per il troppo fuoco che la brucia.

E nell'incendio bruciano veloci

i giorni, i mesi, gli anni del respiro,

l'affanno lieve della sua durata.


Si aspetta, si decide di lasciarla,

questa gracile tessitura d'aria,

non a chi possa precisarne il punto

di resistenza, ma, per liberarsi

del disappunto di pronosticarne

con esattezza l'anno, il mese, l'ora,

di digradarla con soave cura

alla casualità dell'accidente,

che resti una speranza di rinvio.

Ma infine accade, e si depreca sempre,

senz'avvertirne la contraddizione,

che la botta ci batta troppo presto.


Voi l'avete deciso, invece. Scelto

il giorno, l'ora, il mese, l'anno, il punto

del congedo, del cenno di saluto.

Come il programma esatto di un balletto,

voi che avevate eletto il ballo a segno

dell'apparire al mondo, e cantavate

ciò che la vita vale, ciò che il gioco

chiede, ciò che dagli altri non si deve

chiedere a chi lo gioca: e canta e danza

il gioco della vita, della vita

chi la paura ignora di giocarla.


Sapevate che fuori della danza,

e del gioco e del canto, sta l'idea

che noi tutti si vive della vita.

Uno solo l'inizio, la durata

sta tuttavia nell'occhio delle stelle,

o nella vista di chi se ne sente

ferito; un dio decide, forse, quando

mettere fine, solo se da un dio

anche si crede che abbia avuto inizio.


Chi ne confonde, invece, i campi, e smuove

i limiti che stringono i confini

di ciò ch'è volontà da ciò ch'è caso,

della vita che vive non afferra

che l'insignificante superficie,

ma voi la danzavate, cantavate

questa bella e splendente superficie

perché anche sapevate che più sotto

sta il nodo di quel canto, di quel ballo.


Che cosa è per sé giusto, o che cosa

non è giusto, chi può saperlo? Il bene

è spesso solo immagine di un bene,

un sogno che si crede provvidenza.

Il male ciò che turba la coscienza,

ciò che scompiglia l'ordine accettato,

ma da tante, da troppe cose è scossa

la nostra mente, che alla fine tutte

ci affliggono, e che tutte riteniamo

insoffribili, e che vorremmo estinte,

fossero scarto anche dei nostri sogni.


Nel chiasso che ci assorda troppo spesso,

anzi sempre, ci sembra una salvezza

il silenzio che chiude il panorama.

Un'apertura sulla via di uscita

la chiusura voluta del sipario.

Una scelta di libertà, la mano

che abbassa le serrande della stanza,

che toglie luce al varco della luce.

Se sia poi libertà o costrizione,

conoscenza chi sa, chi la possiede

per giudicare il cuore che si stanca?


Non giudicate, se voi non volete

essere giudicati, disse il Figlio

dell'Uomo. Sì, perché con il giudizio

con cui voi giudicate, voi sarete

giudicati, e con la misura stessa

con cui voi misurate, voi sarete

misurati. Vangelo di Matteo,

nel capitolo sette le parole

precise di Gesù. Ma chi le legge?


I suoi fedeli, poco saggi, a questo

insegnamento, sembra, in ogni tempo,

non vollero e non vogliono ubbidire.

Giudicano, da sempre, tutto e tutti.

E condannano. Escludono, anzi, peggio,

perseguitano, e danno morte. Come

fosse la loro parola il giudizio

di Dio. Vorrei vedere, quando venga

il momento, se dato è a noi vederlo,

la loro faccia, quando sentiranno,

giudicati da Dio, Dio condannarli

perché non stava a loro giudicare.


Fiano Romano, 24 - 25 novembre 2025


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