Ellen e Alice
È fragile, sottile, non divide
con lo sguardo nessuna consistenza,
il filo che trattiene il nostro fiato:
come sarebbe un filo d'acqua, lungo,
interminato, che dal becco scende
di una fontana: anch'esso, tutto a un tratto,
trattiene la caduta, tronca il getto
dello scroscio, che subito si arresta.
Ma il filo d'acqua ha il dono prodigioso
di farsi intermittente, ritornare,
se una mano sollecita manovra
la maniglia che regola il deflusso.
Il nostro fiato, una volta che smette
di respirare, più non si riaccende,
non riconnette il filo dentro l'aria
che lo accoglie, non attraversa il tempo,
non si fa più sentire dall'orecchio
che aspettava di udirlo: tace, cessa
per sempre, anche se fievole, il suo soffio,
e l'orecchio in attesa non lo sente.
Di solito l'interruzione accade
per caso, che nessuno se l'aspetta,
o dopo lunga malattia declina,
o, prevedibilmente, per l'eccesso
degli anni, per l'accumulo di vita,
anche la vita spegnersi talvolta
può per il troppo fuoco che la brucia.
E nell'incendio bruciano veloci
i giorni, i mesi, gli anni del respiro,
l'affanno lieve della sua durata.
Si aspetta, si decide di lasciarla,
questa gracile tessitura d'aria,
non a chi possa precisarne il punto
di resistenza, ma, per liberarsi
del disappunto di pronosticarne
con esattezza l'anno, il mese, l'ora,
di digradarla con soave cura
alla casualità dell'accidente,
che resti una speranza di rinvio.
Ma infine accade, e si depreca sempre,
senz'avvertirne la contraddizione,
che la botta ci batta troppo presto.
Voi l'avete deciso, invece. Scelto
il giorno, l'ora, il mese, l'anno, il punto
del congedo, del cenno di saluto.
Come il programma esatto di un balletto,
voi che avevate eletto il ballo a segno
dell'apparire al mondo, e cantavate
ciò che la vita vale, ciò che il gioco
chiede, ciò che dagli altri non si deve
chiedere a chi lo gioca: e canta e danza
il gioco della vita, della vita
chi la paura ignora di giocarla.
Sapevate che fuori della danza,
e del gioco e del canto, sta l'idea
che noi tutti si vive della vita.
Uno solo l'inizio, la durata
sta tuttavia nell'occhio delle stelle,
o nella vista di chi se ne sente
ferito; un dio decide, forse, quando
mettere fine, solo se da un dio
anche si crede che abbia avuto inizio.
Chi ne confonde, invece, i campi, e smuove
i limiti che stringono i confini
di ciò ch'è volontà da ciò ch'è caso,
della vita che vive non afferra
che l'insignificante superficie,
ma voi la danzavate, cantavate
questa bella e splendente superficie
perché anche sapevate che più sotto
sta il nodo di quel canto, di quel ballo.
Che cosa è per sé giusto, o che cosa
non è giusto, chi può saperlo? Il bene
è spesso solo immagine di un bene,
un sogno che si crede provvidenza.
Il male ciò che turba la coscienza,
ciò che scompiglia l'ordine accettato,
ma da tante, da troppe cose è scossa
la nostra mente, che alla fine tutte
ci affliggono, e che tutte riteniamo
insoffribili, e che vorremmo estinte,
fossero scarto anche dei nostri sogni.
Nel chiasso che ci assorda troppo spesso,
anzi sempre, ci sembra una salvezza
il silenzio che chiude il panorama.
Un'apertura sulla via di uscita
la chiusura voluta del sipario.
Una scelta di libertà, la mano
che abbassa le serrande della stanza,
che toglie luce al varco della luce.
Se sia poi libertà o costrizione,
conoscenza chi sa, chi la possiede
per giudicare il cuore che si stanca?
Non giudicate, se voi non volete
essere giudicati, disse il Figlio
dell'Uomo. Sì, perché con il giudizio
con cui voi giudicate, voi sarete
giudicati, e con la misura stessa
con cui voi misurate, voi sarete
misurati. Vangelo di Matteo,
nel capitolo sette le parole
precise di Gesù. Ma chi le legge?
I suoi fedeli, poco saggi, a questo
insegnamento, sembra, in ogni tempo,
non vollero e non vogliono ubbidire.
Giudicano, da sempre, tutto e tutti.
E condannano. Escludono, anzi, peggio,
perseguitano, e danno morte. Come
fosse la loro parola il giudizio
di Dio. Vorrei vedere, quando venga
il momento, se dato è a noi vederlo,
la loro faccia, quando sentiranno,
giudicati da Dio, Dio condannarli
perché non stava a loro giudicare.
Fiano Romano, 24 - 25 novembre 2025
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