domenica 21 settembre 2014

Un errore ortografico che denota ignoranza e superficialità





Leggo sulla “Repubblica” di oggi, domenica 21 settembre:


“Diciannove anni fa morì, adesso ha undici figli”. Cosa
succede se uno scrittore (ateo) israeliano improvvisamente si ritrova un’hassidim
in casa. (pag. 38)


Il titolista o il tipografo non conoscono l’ebraico, o non
sanno che in altre lingue la consonante h (sì: è una consonante!) si pronuncia,
e segna una forte aspirazione, simile a quella segnata dal carattere “j” in
spagnolo, o dalla combinazione “ch” in tedesco, per esempio, “ach”, corrispondente
al nostro “ah” Poco male, ma nessuno li obbligava a usare un termine ebraico,
potevano usare il termine italiano “ortodosso”. Non sarebbe, comunque, incorso
nell’errore, se avesse usato la più corretta traslitterazione “chasidim”. Faccio,
però, notare che “chasidim” è il plurale di “chasid”. Il titolista avrebbe
dunque dovuto scrivere: “ ... si ritrova una chassid in casa”. Infine, poiché
il titolista scrive in italiano, faccio notare che l’uso di “cosa” al posto di “che
cosa”  è scorretto, anche se si tratta
ormai di un uso abusato, e il gioco di parole è voluto.  In ogni caso ciò che mi irrita davanti a
simili strafalcioni è la presunzione di usare termini di cui s’ignora la provenienza
linguistica e la pronuncia e, in più, la superficialità con cui si crede, avventurandosi
in territori sconosciuti,  ma d’effetto, di
fare bella figura.


Fiano Romano, 21 settembre 2014.

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