domenica 6 gennaio 2019

Poesia cifrata

Oggi è il giorno dell’epifania, dell’ἐπιφάνεια, apparizione, di Dio sotto le vesti di un bambino. Si dimentica o si trascura troppo spesso l’origine greca di molti dei concetti fondamentali del cristianesimo. I vangeli e tutto il Nuovo Testamento, sono scritti in greco. Matteo, scritto prima in aramaico, si è diffuso subito tradotto in greco, la lingua del Mediterraneo orientale. I primi cristiani percepivano un’intima affinità tra il Cristo e Dioniso. Nelle Baccanti di Euripide l’epifania del dio avviene dopo la comparsa di Agave con la testa mozzata del figlio su un tirso. In greco la verità è il non nascosto: ἀλήθεια. Ma proprio per questo, poi, la mistica cercherà nell’occultamento simbolico dei significati il senso profondo della Verità che si s-vela, alla lettera: si toglie il velo che la nasconde. Per tutto il medioevo, sia latino che greco, periodo tutt’altro che oscuro, ma ricchissimo di pensiero, la mistica numerica costituisce una lunga e ininterrotta riflessione sul rapporto tra i numeri e la realtà, tra i numeri e la storia. Dante, di questa tradizione, tocca il vertice, e ne esaspera l’intricatissima rete di relazioni tra realtà e numero, storia della redenzione e numero. A cominciare dalla struttura più appariscente (epifanica!) della Commedia che ruota intorno al numero tre: tre cantiche di 33 canti ciascuna, più un canto introduttivo a costituire il numero perfetto di 100. Manfred Hardt (I numeri nella Divina Commedia) ipotizza addirittura che il poeta abbia pianificato, prima di scrivere il poema, tutta la sua struttura canto per canto e previsto i luoghi dove inserire numeri e parole chiave. Non sarebbe un procedimento estraneo alla pratica degli scrittori medievali. Si pensi solo alla capillare misurazione delle quantità sillabiche a chiusura dei periodi, nella prosa, il cursus, che Ponzio il Provenzale, il primo a scriverne, a nostra conoscenza, così lo descrive: cursus est matrimonium spondeorum cum dactilis prolatione debita celebratum. Il libro di Hardt è una miniera d’informazioni e di sollecitazioni. Si affianca, per importanza esegetica, al saggio Figura di Erich Auerbach. Prendiamo l’esempio del cielo del Sole, nel Paradiso. E’ il quarto cielo, dunque il cielo centrale dei sette delle sfere dei pianeti, “stelle”, talora, anche, nel linguaggio di Dante: Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove, Saturno. Va dal primo verso del canto X al verso 69 del XIV, per un totale di 643 versi. Il centro del cielo corrisponde al verso 322° che è il verso 35 del canto XII, verso mediano della 12a terzina del XII canto. Il numero 12 è altamente simbolico: i 12 apostoli, i 12 sapienti, Cristo dodicenne al tempio, ecc. il verso 35 dà, come somma, il numero 8, che è il numero della redenzione, significata dal battesimo, i battisteri hanno in genere pianta ottagonale. Ma il 12 è anche multiplo di 3, risultato del prodotto tra 3 e 4: 3 è la Trinità, 4 la croce del Cristo, i punti cardinali, le virtù cardinali, i fiumi edenici, le parti del mondo. Quanto al cielo del Sole, adombra la figura di Cristo, centro della Storia, e nei canti centrali, XI e XII, sono delineate le figure di santi che realizzano in terra la figurazione del Cristo come Sapienza , San Domenico, e come Redentore crocifisso, San Francesco. Nella terzina centrale di questo centro del cielo del Sole, 12a del XII canto, i due santi sono accomunati, e nel verso centrale della terzina, che è il vero centro del cielo, sono “unificati”, a realizzare anche nella struttura dei versi il rapporto trinitario di un Dio in tre persone:

Degno è che, dov’è l’un, l’altro s’induca:
sí che, com’elli ad una militaro,
cosí la gloria loro insieme luca.

Ma questo è solo un esempio, il più facilmente riassumibile. Assai più numerose e intricate sono le simbologie numeriche di tutto il poema. Evidente la programmazione dell’intera intelaiatura simbolica. Il poema è stato progettato a pezzo a pezzo, con scrupolosa e capillare strutturazione, misurando la collocazione della parole e delle “figure” con precisione matematica. Impossibile non pensare a tutte le svariate accuse di intellettualismo, sterile formalismo, con cui da più parti è stata aggredita e si continua ad aggredire in ogni tempo l’arte non immediatamente comprensibile, e in particole le furibonde critiche lanciate da più parti contro certa avanguardia. Aggrediranno costoro anche la Commedia? Ma – a parte la condivisione o l’ostilità per le poetiche particolari - sfugge a costoro che uno scrittore, un musicista, un artista che voglia assumere nel proprio lavoro un metodo cifrato di scrittura, ubbidire a pianificazioni particolareggiatissime dell’opera, non impone a nessuno se non a sé stesso quel particolare metodo, quel particolare lavoro. Se qualcuno eleva poi la formula a metodo universale non ne intende la natura. Il che è tipico degli epigoni e degli imitatori, in parole povere dei mediocri, che non hanno sufficiente fantasia né adeguata intelligenza per crearsene uno proprio, di metodo, e inventarsene la regola.
Dante è stato un mio punto di riferimento costante fin da quando avevo 7 anni (non si cerchi nessun significato simbolico in questo numero!) e quando scoprii nella biblioteca di mio padre l’edizione delle opere di Dante pubblicata dalla Società Dantesca Italiana. A 7 anni quel libro mi parve un codice cifrato, impenetrabile. Ma venerato come una reliquia. Anche per il ritratto del poeta proprio ad apertura di pagina: una riproduzione color seppia del ritratto di Giotto nel Palazzo del Podestà a Firenze. Qualche anno dopo si aggiunse Leopardi, che mi parve già più comprensibile (ma era un’illusione giovanile). Ancora più anni dopo Baudelaire. Restano, a tutt’oggi i miei tre poeti principali di riferimento. Né dovrò spiegare, qui, la sotterranea affinità che lega le Fleurs du mal alla Commedia.
Corollario alla riflessione precedente la lettura dell’attacco, sublime, della Vita Nuova. Che è a tutti gli effetti la prima autofiction della nostra letteratura. Del resto una sorta di autofiction è la stessa Commedia, altro che moda di oggi, come leggo sull’ “Espresso”! Si noti la scorrevolezza dell’attacco e l’insistenza sul numero nove nel secondo capitolo. 


 

Fiano Romano, 6 gennaio 2018




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