La
pianista Michelle Candotti all’Accademia Ludus Tonalis di Riano
Non
avevo mai notato quanto le progressioni armoniche della terza Ballata di Chopin
risultino affini alle progressioni armoniche care a Wagner, e in particolare a
quelle del Tristano. Ma, a dire il vero, avrei dovuto saperlo, perché già da ragazzo
fui colpito dalle affinità armoniche con il mondo armonico di Wagner, dell’ultima
mazurca, postuma, in fa minore, pubblicata come op. 68 n.4. Il fa minore è un
campo di riferimento, ma quasi ogni accordo propone nuove armonie. L’andamento
risulta così più modale che tonale. Come spesso, in Chopin. La terza ballata è
in la bemolle maggiore: ma il suo campo armonico è vastissimo e mobilissimo,
continuamente mutevole. In margine, interessante notare che la successione
tonale delle quattro ballate, nella pubblicazione, sembra calcolata: sol
minore, fa maggiore, la bemolle maggiore, fa minore. Il modello possono essere,
forse, gli improvvisi di Schubert, soprattutto quelli dell’op. 142. Fa è la dominante del relativo maggiore, si
bemolle, di sol minore, ed ecco spiegata la successione tonale delle prime due
ballate; la bemolle, poi, tonalità della terza ballata, è il relativo maggiore
di fa minore, tonalità della quarta. Il perno tonale è dunque fa, chiaramente
enunciato come tonica nella seconda e quarta ballata, il sol minore della prima,
relativo maggiore si bemolle, e il la bemolle della quarta fungono da
introduzione e consolidamento del campo armonico. Se a ciò si aggiunge che
ciascuna ballata è concepita come una libera costruzione di un tempo in
forma-sonata, tutta la serie allude, nemmeno tanto copertamente, a una grande
forma sonatistica. L’analisi rivela poi affinità tematiche tra tutt’e quattro
le ballate. Insomma, contrariamente alla diffusa opinione che Chopin si
trovasse a disagio con le grandi forme, proprio le ballate, forme cioè che
aspirerebbero al breve respiro, dimostrano invece la propensione di Chopin a impostare
le sue costruzioni musicali con il respiro di una grande forma di sonata. La tarda
Barcarola ne è una straordinaria conferma. Ma perfino alcune delle ultime mazurke
mostrano l’intenzione di avventurarsi nella grande forma: il ponte per la “nuova”
musica è gettato. Brahms e Schoenberg ne
trarranno le conseguenze. E Wagner, come si diceva.
Simili
riflessioni mi venivano durante l’ascolto del concerto tenuto da Michelle
Candotti all’Accademia Ludus Tonalis di Riano, in provincia di Roma, sabato 19
settembre scorso. La serata aveva un titolo: Aspettando lo “Chopin” di
Varsavia, perché la giovanissima pianista livornese (19 anni) è stata prescelta
per misurarsi nella famosa competizione polacca. Gli altri brani in programma,
tutti di Chopin, erano il Notturno op. 27 n. 1, la Polacca op. 44 (altra
formidabile costruzione che sconfessa la supposta incapacità di Chopin per le
grandi forme), le tre mazurke op. 59, il Preludio op. 45 (in cui già si sente
arrivare Debussy), e la tremenda Sonata op. 35 in si bemolle minore. Qui la
morte la si respira fin dalla cupa introduzione. La Marcia Funebre e il
volante, visionario Finale la ribadiscono. Può sembrare strano che un’ispirazione
così tragica, funesta, pessimistica, che spaventò perfino Schumann, sia stata
colta da una ragazza di 19 anni. Ma in realtà quale età, più della prima
giovinezza, è disposta a sentire il senso amaro, doloroso della vita? Assai più
della vecchiaia, spesso incline alle illusioni che attenuino la durezza dell’imminente
commiato. Michelle Candotti mostra due qualità che fanno di lei una pianista
musicista, e non una semplice pianista: la capacità di trasferire nel tocco l’articolarsi
delle armonie e l’attenzione, attraverso un fraseggiare liberissimo, alle
combinazioni polifoniche delle voci. Lo si è sentito subito nell’attacco della
terza ballata. E Chopin è un compositore intrinsecamente contrappuntistico, il
modello di Bach non è mai dimenticato. La sua melodia, anche la più cantabile,
non è mai lasciata sola, o sovrapposta a un generico “accompagnamento”, bensì
combinata sempre, anche quando il sostegno, come nei valzer e nelle mazurke, sembra
affidato a pochi accordi, con altre linee melodiche. Due bis: uno studio e un
valzer, sempre di Chopin. Le dita di Michelle Candotti, in ogni pezzo, sembrano
pensare l’armonia, equilibrare il contrappunto. Segno che il pensare l’interpretazione
le sta addosso come una seconda natura. Non è, infatti, che esageri un tempo
rubato, o metta eccessivamente in evidenza una linea che si sovrapponga a un’altra,
o attacchi con un inopportuno sforzato l’entrata di una voce, bensì fa scorrere fluidamente il discorso musicale,
che appunto si rivela come un discorso che procede contrappuntisticamente
attraverso l’evolversi delle armonie e il combinarsi delle melodie. Successo, com’era
giusto, calorosissimo.
Fiano Romano, 22 settembre
2015
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