lunedì 7 settembre 2015

Poeti della libertà

Hab’ ich den Markt und die Straßen doch nie so einsam gesehen!
Ist doch die Stadt wie gekehrt, wie ausgestorben! Nicht, fünfzig,
Däucht mich, blieben zurück von allen unsern Bewohnern.
Was die Neugier nicht thut! So rennt und läuft nun ein jeder,
Um den traurigen Zug der armen Vertriebnen zu sehen.

Goethe, Hermann und Dorothea, I, 1-5

Tam solas nunquam vidi plateasque forumque!
Oppidulum veluti vastum! Cedo, quinquaginta
Civibus e nostris cunctis mansisse videntur.
Quanta cupido novi! Quivis curritque ruitque.
Exilio miseram cupiens spectare catervam.

(Traduzione latina di Joseph von Berlichingens)

Mai non vidi così spopolate la piazza e le strade;
la città par mutata; par morta addirittura. Non credo
che sian rimasti a casa, di tutti, cinquanta abitanti.
Eh! la curiosità quali effetti produce! Ognun corre
dei poveri proscritti la turba dolente a vedere.

(Traduzione italiana di Vittorio Betteloni)

E’ l’attacco di un aureo poemetto goethiano, scritto sotto l’impressione delle emigrazioni scatenate nelle terre renane dalle guerre napoleoniche.  E non a caso ricordo questi versi. L’esperienza di migrazioni e di esili in terra tedesca è antica, come del resto in tutta l’Europa. Goethe non è insensibile al fenomeno, e non lo è la popolazione tedesca. Di che si sorprendono dunque quanti oggi gridano al miracolo d’un mutamento? Le cifre parlano da sé. La Germania è il paese d’Europa che ha accolto il maggior numero di rifugiati, già da molti decenni. Quest’anno ne sono previsti, sembra, 800.000, e siamo già a quota 200.000. Che cosa strilla Salvini? Conosce la matematica? Ma non cito Goethe per fare polemica. Voglio però ricordare che sono tre tedeschi ad avere scritto i più commoventi appelli alla fratellanza dei popoli: Goethe, col suo bellissimo Divano Orientale-Occidentale, Schiller e Beethoven con l’Inno alla Gioia. Per la cronaca, il titolo dell’ode schilleriana in origine era Ode alla Libertà.  E questo titolo era rimasto nell’edizione in possesso di Beethoven. Il cambiamento è dovuto a un intervento della censura. Per Beethoven non cambiava niente: che gioia si può avere senza libertà? Inoltre in tedesco le due parole si assomigliano: Freiheit, libertà, Freude, gioia.


Fiano Romano, 7 settembre 2015 

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