Hab’ ich den Markt und die Straßen doch nie so einsam
gesehen!
Ist doch die Stadt wie gekehrt, wie ausgestorben! Nicht,
fünfzig,
Däucht mich, blieben zurück von allen unsern Bewohnern.
Was die Neugier nicht thut! So rennt und läuft nun ein
jeder,
Um den traurigen Zug der armen Vertriebnen zu sehen.
Goethe, Hermann und Dorothea, I, 1-5
Tam solas nunquam vidi plateasque forumque!
Oppidulum
veluti vastum! Cedo, quinquaginta
Civibus
e nostris cunctis mansisse videntur.
Quanta
cupido novi! Quivis curritque ruitque.
Exilio
miseram cupiens spectare catervam.
(Traduzione
latina di Joseph von Berlichingens)
Mai
non vidi così spopolate la piazza e le strade;
la
città par mutata; par morta addirittura. Non credo
che
sian rimasti a casa, di tutti, cinquanta abitanti.
Eh!
la curiosità quali effetti produce! Ognun corre
dei
poveri proscritti la turba dolente a vedere.
(Traduzione
italiana di Vittorio Betteloni)
E’
l’attacco di un aureo poemetto goethiano, scritto sotto l’impressione delle
emigrazioni scatenate nelle terre renane dalle guerre napoleoniche. E non a caso ricordo questi versi.
L’esperienza di migrazioni e di esili in terra tedesca è antica, come del resto
in tutta l’Europa. Goethe non è insensibile al fenomeno, e non lo è la
popolazione tedesca. Di che si sorprendono dunque quanti oggi gridano al
miracolo d’un mutamento? Le cifre parlano da sé. La Germania è il paese
d’Europa che ha accolto il maggior numero di rifugiati, già da molti decenni. Quest’anno
ne sono previsti, sembra, 800.000, e siamo già a quota 200.000. Che cosa
strilla Salvini? Conosce la matematica? Ma non cito Goethe per fare polemica.
Voglio però ricordare che sono tre tedeschi ad avere scritto i più commoventi
appelli alla fratellanza dei popoli: Goethe, col suo bellissimo Divano
Orientale-Occidentale, Schiller e Beethoven con l’Inno alla Gioia. Per la
cronaca, il titolo dell’ode schilleriana in origine era Ode alla Libertà. E questo titolo era rimasto nell’edizione in
possesso di Beethoven. Il cambiamento è dovuto a un intervento della censura.
Per Beethoven non cambiava niente: che gioia si può avere senza libertà? Inoltre
in tedesco le due parole si assomigliano: Freiheit, libertà, Freude, gioia.
Fiano
Romano, 7 settembre 2015
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