Di Peppino Impastato si è parlato a lungo, a proposito e a
sproposito (a sproposito soprattutto da chi voleva e vuole farsi bello di cose
che non ha né incoraggiato né fatto). Ma è un esempio di resistenza e di lotta
al malaffare trionfante ancora pur troppo di un’attualità costrittiva. Come,
prima di lui, per esempio, anche se in modo diverso, Gobetti. Il malaffare, in
Italia, sta sempre là, c’è, e continua ad essere trionfante. Proprio su questa
attualità gioca Malacarne, Peppino
Impastato, Amore Noi Ne Avremo, lo spettacolo di e con Consuelo Cagnati e
Andrea Maurizi, per il Teatro delle Condizioni Avverse, visto recentemente a
Casperia, in provincia di Rieti. Parte dell’incasso sarà utilizzato per il
restauro del bel teatro di Casperia. Lo spettacolo ha avuto il premio ARCI
TEATRO, come “miglior regia”, nel concorso nazionale “Avanti Attori”, del 2012.
Malacarne, dunque, gira da qualche
anno ed è stato visto in molti teatri e luoghi di molte città. Queste vogliono
essere, pertanto, solo alcune note in margine. Prima di tutto sulla regia: di
Consuelo Cagnati. Modernissima. Interessante l’uso di più piani teatrali,
registrazioni dell’epoca, rievocazione dei fatti, rielaborazione di testi in
chiave di commedia dell’arte. Proprio questa teatralizzazione di tutti gli
elementi evita il tono di un manifesto politico, o la noia di una propaganda
che metterebbe in pace la coscienza individuale, ma lascerebbe il tempo che
trova. Invece, il distanziamento teatrale, evitando l’immediatezza del
messaggio, lo rende più penetrante. Come a dire: non è qualcosa che accadde
nella Sicilia di tanti anni fa, e che è stato risolto e digerito. E’ qualcosa
che accade ancora. Il conto, umano e politico, è ancora aperto. L’estraniamento
teatrale ci mostra proprio questa permanente attualità. La maschera, che
vediamo sulla scena, è quella che ghigna ancora nelle campagne e nelle città
d’Italia, che si beffa di noi nel nostro Parlamento. Come mai, per esempio, siamo ancora qui a
combattere il problema del caporalato, soprattutto nelle campagne del Sud, per
la manodopera degli immigrati, senza averlo non dico risolto, ma nemmeno
affrontato? come mai i mille problemi del paese si affrontano strillando nei
talk show televisivi, ma mai seriamente nella realtà, con provvedimenti
concreti? e l’enumerazione dei problemi irrisolti del paese potrebbe
continuare. Uno spettacolo però deve essere giudicato per quello che è:
spettacolo. E Malacarne lo è. Proprio
per questo fa pensare. Fa riflettere. Suscita problemi. Ma lo fa teatralmente.
Non è né un manifesto politico, né una propaganda elettorale. E’ teatro. E come
ogni teatro è anche politica, riflessione politica. Le scene più efficaci sono,
non a caso, proprio quelle che si allontanano di più, apparentemente, dalla
realtà, quelle meno realistiche, quelle che ricostruiscono una commedia
dell’arte moderna. O l’ascolto delle registrazioni della radio dell’epoca. La
distanza le rende attuali. Infine, la voce, indimenticabile, della madre. Il
figlio glielo stanno uccidendo ancora, continuano a ucciderlo ogni giorno, le
leggi che non sono state fatte, le mafie che non sono state sconfitte, i
collusi che occupano i seggi del Parlamento, che girano indisturbati tra di
noi. La casa dell’assassino di Peppino Impastato stava di fronte alla sua.
Pensiamoci! A Roma andavamo a bere un caffè in locali gestiti da mafiosi,
magari proprio vicino al Parlamento. E mafiosi ci vendono vestiti, dirigono
supermercati dove compriamo carne, frutta e verdura. Che fare? Eh, sì! Che
fare? Se lo chiedeva già Lenin. E prima di lui, Černičevskij. Ce lo chiediamo
anche noi, oggi. Bravi Consuelo Cagnati e Andrea Maurizi a ricordarcelo,
un’altra volta. L’italiano è un popolo che dimentica facilmente.
Fiano Romano, 13 maggio 2016
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