martedì 9 maggio 2017

San Vitale

La visita di Ravenna, dopo anni, ha riacceso tanti ricordi. E suscitato molte riflessioni. Sulla forza di astrazione dell'arte bizantina. Ma un'astrazione che non si stacca da terra, concreta, buca il pensiero. Ecco com'è nata questa poesia. Non mentre guardavo i mosaici di Teodora e Giustiniano, il giorno prima del mio compleanno. Ma il giorno dopo,quando compivo 76 anni, a Pomposa. Ho schizzato i primi versi su un taccuino. E poi li ho rielaborati e sviluppati, una volta tornato a casa. Eccoli.
SAN VITALE

Io vivo non credevo d’incontrarti
dove sepolta sta la tua memoria
e tessere di pietre colorate
stampano l’ombra della tua effigie
sul muro: in mezzo alla tua corte, lunga
quanto basta ad alzarsi sulle teste.

Dall’opposta parete non ti guarda,
Teodora, quasi un’ombra tra le dame
del corteggio, anche lei: una perenne
solitudine, come se la vita,
anche per lei, sfidasse chi la guarda.
Non quella d’ogni giorno, ma la nuda
vita che non appare, solo il corpo,
è alimento che ingurgiti, che espelli.

Anche se disegnato, e disegnato
sul muro di una chiesa, tramortisce
l’arresto del respiro, e sembra un’ombra
sulla pietra l’immagine del fasto.

Che spreco di ricordi, nel guardarvi:
se l’occhio di ragazzo s’incantava,
ne trema ora nell’orbita di un vecchio.
Cerca lo stampo del passaggio muto
del tempo. Ma fissato, inerte, spento,
sulla parete, guarda con lo sguardo
dei morti. E se, voltandomi, mi assale
l’accumulo degli anni, l’ispessita
parete dei ricordi mi raccorcia
la sfilza dei domani. Tagliuzzata
la via che ho percorso, la parete
che guardo non ha meta, resta il buco
finale che la inghiotte. Se spaventa
la fine di un dolore, non è fine,
penso, se non per chi scompare.
Ma per chi resta, la parete serba,
con i ricordi, tutto il suo dolore.
Anche così pietrificato e fitto.

Pomposa, 27 aprile - Fiano Romano, 7 maggio 2017

Nessun commento:

Posta un commento