giovedì 1 settembre 2016

La misericordia per anime non eccessivamente impressionabili



A Cracovia è allestita una mostra – molto bella – dal titolo Maria Mater Misericordiae. Sono esposte diverse raffigurazioni, dipinte su tela, su legno e scolpite in legno e in marmo, della Madonna, compresa una copia. perfetta! della Pietà di Michelangelo che si ammira in una cappella della basilica di San Pietro, a Roma.  Ma sono tutte immagini composte, armoniose, non disturbanti, del dolore di Maria: lo stesso Michelangelo fermò ben altra angoscia nella sublime Pietà Rondanini che si ammira nel Castello WSforzesco di Milano. Di fatti, nella storia della pittura e della scultura europee dal Medio Evo a oggi, non mancano rappresentazioni terribili, laceranti, del dolore di Maria per la morte del figlio. Nella stessa Polonia, a Varsavia, c’è una meravigliosa Pietà quattrocentesca, di un pathos esasperato. La morte è affrontata dall’artista in tutta la sua tremenda convulsione del distacco, dell’assenza. Ci si chiede come mai non sia stata esposta nella mostra di Cracovia. Credo, però, che l’edulcoramento della mostra cracoviana non sia casuale, ma sia dettato dall’intento di offrire un messaggio di pacificazione, di consolazione, di speranza. In sintonia con l’ideologia trionfante del mondo di oggi, che evita di affrontare la tragedia nella sua nuda realtà, a meno che non si faccia spettacolo trash, e allora è lo spettacolo a predominare sull’orrore.  Come se pacificazione, consolazione, speranza dovessero nascere dal mascheramento, dall’occultamento della tragicità della vita. Ecco il lato del messaggio cristiano, o piuttosto di quel messaggio come ci viene offerto dalla Chiesa di Roma, che non mi piace, anzi mi disturba, mi suona falso. Mi piacerebbe sapere, se fosse possibile reinterrogarli, che cosa ne potrebbero pensare una Santa Teresa, un San Giovanni della Croce, un Pascal. O, più vicino a noi, un Teilhard de Chardin. E cito non a caso tre grandissimi pensatori cristiani. La riflessione cristiana sul dolore, infatti, non è quella calcomania consolatoria che la propaganda posttridentina della Chiesa Romana vorrebbe farci credere. L’invocazione a Maria, da San Bernardo a Claudel, è impregnata di un dolore estremo, della consapevolezza della miseria del transeunte, della sofferenza dell’effimero. Tanto per restare nell’ambito della tradizione italiana, dall’ultimo canto del Paradiso (figlia del tuo figlio!) al Pianto di Jacopone, allo Stabat Mater di Pergolesi: dicono, tra l’altro, che il lamento iniziale, indimenticabile, gli fosse ispirato dal lamento di una madre che il musicista vide e sentì lamentarsi a Porta Capuana, a Napoli, sotto il corpo pendente del figlio impiccato: con lo stesso corto circuito tra realtà “abbietta” e significato “sublime” che c’è nella Morte della Vergine di Caravaggio, in cui il corpo della Madonna è il cadavere di una puttana annegata nel Tevere. Ecco qui sotto la bellissima pietà lignea polacca:


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