Appunti volanti su una Sonata di Schumann, l’op. 22 in sol
minore. Le prime quattro battute
farebbero prevedere un tema semplicissimo, costruito su una scala discendente. Moltissime
musiche sono costruite su frammenti di scala. Soprattutto nel romanticismo. Čajkovskij ci costruisce addirittura
un'opera intera, l' „Evgenij Onegin“. Ma Schumann procede in maniera assai
originale. Complica la scala con il contrappunto e sposta gli accenti della
frase sui tempi deboli. Ma non sempre. Accentuazione regolare e irregolare si
contrastano in brevi spazi. Anche all'interno della stessa battuta. La
scrittura a più voci non è solo un espediente virtuosistico per mettere in
risalto le polifonie pianistiche. Ma assume un carattere di profonda
connotazione insieme espressiva e psicologica. Il senso d'instabilità che
l'intrico nervoso, quasi isterico, delle voci produce, è il carattere fondamentale
della sonata. L'Andantino in 6/8 sembrerebbe introdurre un'oasi di tranquillità:
gli accordi ribattuti della sinistra funzionano da onda sonora rassicurante. Ma è un'illusione. Alla battuta 5 le voci sono
già diventate quattro. E quattro resteranno fino alla coda. Insomma, il
romanticismo di Schumann non sta tanto nel predominio di un effetto emotivo che
la musica voglia produrre, bensì
piuttosto nell'individuare di volta in volta una situazione di caos, di
labirinto, dal quale è difficile, se non impossibile, trovare la via di uscita.
Vi contribuisce anche il virtuosismo pianistico, che, a differenza di quello di
Liszt, ma soprattutto di Chopin, non è inteso a chiarire le strutture formali
del pezzo, bensì a nasconderle, occultarle, in modo da trascinare l'ascoltatore
in una „selva oscura“ dentro la quale si smarrisce. Le zone di distensione
cantabile, allora. invece di rappresentare un'oasi o la promessa di un'oasi
tranquilla, esasperano ulteriormente l'instabilità della costruzione. Le
melodie schumanniane raramente si adeguano alla pacatezza di una scansione
regolare. E quando anche tale scansione si attua, a smentirne la stabilità
subentra l'irrequietezza dell'armonia. Insomma il mondo di Schumann è quasi
sempre la raffigurazione di un mondo che crolla, e il compositore ci dice con
angoscia che non conosce il modo, la via per arrestarne il crollo, può solo
rappresentarlo. Ecco perché l'interpretazione di Schumann è così difficile.
Bisogna impadronisrsi di un virtuosismo pianistico quasi disumano, ma non per
comunicare all'ascoltatore la propria bavura, bensì solo per implorarne, se
possibile, la complicità, tutta quella complicazione è una disperazione
senz'uscita. Per questo i pianisti recalcitrano un po' ad affrontare certe
pagine di Schumann, la loro difficoltà, immensa, non trova riscontro in un
effetto gratificante all'ascolto, il pubblico non sempre capisce, infatti,
quanto sia difficile la musica che sta ascoltando. La musica di Schumann mi ha
sempre fatto un'impressione simile a quella delle prima pagine del „Concetto
dell'angoscia“ o della „Malattia mortale“ di Kirkegaard. Gli anni sono gli
stessi. Kirkegaard, però, fa il „salto“ nello stadio successivo: la libertà di
essere sé stesso, la ricomposizione delle parti scisse di sé stesso. Schumann
non ci riesce: il suo sé stesso è un sé stesso diviso, lacerato. L'unico salto
che gli è dato compiere è quello nel Reno, o quello „finale“ nel manicomio di
Endenich (sunt omina nominum! Ende in tedesco è Fine, potremmo tradurre il nome
con Finale). E tuttavia una ricomposizione c'è, che Schumann sconta con la
propria sofferenza di uomo e di artista: quella della sua scrittura. Nessun'altra
ha saputo mai rappresentare con tanta precisione ed efficacia le scissioni
della psiche, le lacerazioni del pensiero. Il dolore è talmente distruttivo che
fa tenerezza. Schumann non scrive solo musica bellissima: scrive musica amorosa
come poche altre. Ed è per questo che non si può non amarla. E accettarne,
viverne anche in sé stessi la lacerazione, il dolore.
Grazie, Maurizio Baglini! Queste riflessioni
mi sono nate ascoltando la tua incisione delle Sonate di Schumann. La prima
incisione di tutta l'opera pianisitica di Schumann. Buon viaggio! Ti accingi ad
afrontare un'impresa terribile. Ma ce n'è bisogno. Sta qui la verità che il
mondo di oggi sembra rifiutarsi di vedere. In questa rappresantazione del
dolore, della scissione, senza paura di guardare in faccia la disperazione, e,
soprattuto, senza la voglia di mascherarla subito con false illsioni.
Fiano Romano, 16
febbraio 2016