Anonimous (Luigi Cerina), La nave nera, Viareggio, Edizioni Luigi Cerina / Macerata, Edizioni
Simple, 2016, pp. 212, € 15,00
Intimacy, di
Patrice Chéreau, comincia con una scena di sesso esplicito, ardente, integrale,
tra un uomo e una donna, e dura circa 20 minuti (in Italia la distribuzione l’ha
accorciata). Ma non è un film porno. Una donna e un uomo s’incontrano, a
Londra, ogni mercoledì per fare sesso, senza sapere niente l’uno dell’altra, ma
quando lui vuole approfondire la conoscenza e stabilire una relazione, lei
rifiuta e si eclissa. Plata quemada (solfi bruciati) di
Marcelo Piñeyro, dal bellissimo romanzo dello scrittore argentino Ricardo
Piglia, racconta di una banda criminale che effettua rapine, ammazzando i
rapinati, e il giovane capo della banda è omosessuale. Molte, e dettagliate, le
scene di sesso omoerotico. Ma non è un film gay, e tanto meno porno, anche se
la distribuzione italiana (e solo quella!) ha inserito il video nella collana “queer”.
Potrei continuare. Ma finché il moralismo
perbenista posttridentino che affligge il gusto e la cultura degli italiani
continuerà a dominare quasi tutta la cultura italiana, e soprattutto la programmazione,
l’amministrazione e il commercio della cultura, agli italiani sarà vietato di
gustare come cinema d’arte, alta letteratura, gran parte di ciò che si è
scritto, si scrive e si filma nel mondo. Ricordo che al liceo ci proibirono di
acquistare un’edizione integrale del Decameron
e dell’Orlando Furioso. Naturalmente tutti noi studenti disobbedimmo. In quegli
anni si sconsigliava anche la lettura delle Affinità
elettive di Goethe, e, naturalmente, i Dialoghi
di Platone. Certi dialoghi, almeno. Perché poi bisognava sceglierne comunque
uno da leggere nel secondo liceo classico, come testo di greco sul quale
esercitarsi. “Ma con cautele, con cautela”, raccomandava un professore di
greco, che per fortuna non insegnava nella mia classe, ma in un’altra sezione. Anche
il romanzo di Luigi Cerina, La Nave Nera,
comincia, come Intimacy, raccontando
una scena di sesso. Ma tra tre ragazzi, in un villaggio della Scozia. Nemmeno
il romanzo di Cerina, però, è un romanzo porno. O lo sono, allora, anche i
romanzi di Moravia, di Lawrence, di Miller, e come accennato sopra, lo sono Boccaccio,
e Chaucer, Rabelais, Ariosto, Aretino. Lo
sono due straordinari classici, poco conosciuti, come I Neoplatonici di Luigi Settembrini (sì, lui, uno dei Padri della
Patria) e il Teleny di Osca Wilde. Il
sesso domina molte pagine del romanzo di Cerina, anzi le pervade, sembra
esserne l’argomento principale. Un sesso spesso estremo, criminale,
distruttore. E anche politically incorrect, il protagonista, Stephen, ha 17
anni. Il nome credo che non sia casuale. Si pensa subito a Joyce, a Portrait of the Artist as a Young Man,
ma anche a Ulysses.
E anche La Nave Nera è
un romanzo di formazione, di iniziazione alla vita. Che però ha la struttura di
un romanzo di avventure, alla Conrad, o d’intricati intrecci familiari, come i
romanzi di una Austin, delle sorelle Brontë. Non a caso la nave corsara è una
nave inglese. La vicenda racconta una
serie di arrembaggi, la crudele eliminazione dell’intero equipaggio delle navi
assalite; terribile la tortura, anche sessuale, subita da due nobili donne, madre
e figlia, e racconta, però, anche i complessi rapporti di attrazione e
repulsione tra gli uomini dell’equipaggio, le loro orge sessuali, la loro
psicologia solo apparentemente primitiva, il sadismo, il masochismo che
complica i loro rapporti. Ma tutti, nessuno escluso, si sentono dannati, sentono
di appartenere all’inferno, e l’inferno è la Nave Nera. Tanto più dannati,
quanto ciascuno di loro è di una bellezza sconvolgente, ma proprio questa
bellezza sembra far parte della dannazione. Quasi all’inizio del racconto, la nave,
uscita malconcia da una tempesta, si rifugia nel piccolo porto di un borgo scozzese,
e il bellissimo, austero Capitano della Nave, incrocia dal ponte lo sguardo di
un giovane sul molo, Stephen, e ne resta catturato. Anche Stephen ne resta
conquistato. E’ l’inizio della loro appassionata, ma terribile,storia d’amore.
Stephen cerca invano di penetrare il segreto che sembra tormentosamente racchiudere
dentro di sé il Capitano. Ma è proprio
questo terreno sconosciuto dell’uomo amato ad accrescere e rendere ancora più assoluto
il suo amore. Lo scioglimento del segreto, e della vicenda – Stephen rischia,
tra l’altro, di essere ucciso dal Primo Ufficiale e nota con angoscia che il
Capitano sembra non muovere un dito, assentarsi, lasciare che gli eventi
precipitino. Si pensa a Billy Budd, il capolavoro di Melville. Ma lo scioglimento volge invece verso un
tormentato lieto fine, attraverso una serie spericolata, conturbante,
sorprendente, di agnizioni. Ogni idea di morale, di rispetto delle convenzioni,
è stracciata. Il male, la dannazione, sembrano, alla fine, invece, proprio l’idea
di una morale, l’imposizione di convenzioni che opprimono la libertà della
natura animale dell’uomo. L’inferno non è accettarla, questa libertà, ma
guardarvi dentro, scrutarne gli abissi. E
quando se ne esce, allora, la morale non è una legge, imposta dall’esterno, da
chi sa che cosa, da chi sa chi, ma, appunto il rispetto della natura di
ciascuno, la libertà di darsi e di prendersi, senza porre limiti né al dare né
al prendere. Viene in mente una folgorante fusée di Baudelaire: “L’amour peut naître d’un
sentiment noble, le goût de la prostitution; mais il est bientôt corrompu par
le goût de la propriété”. La serie di agnizioni potrebbe far pensare a come si sciolgono tanti
romanzi d’avventura del XIX secolo, ma anche allo scioglimento di una commedia
solo apparentemente frivola come The Importance of Being
Earnest di Oscar Wilde. Anche gli smarrimenti, ritrovamenti, riconoscimenti. Algernon,
uno dei personaggi della commedia, definisce, come meglio non si potrebbe, che
cosa debba intendersi per libertà di giudizio nei confronti della realtà: “La
verità, pura lo è di rado e semplice, mai”. Non è possibile, qui, rivelare la
soluzione dell’intreccio di agnizione, perché si rovinerebbe al lettore la
sorpresa, che fa parte della costruzione della trama. Come in ogni romanzo d’avventura
che si rispetti. Il lettore potrebbe
rimproverarmi, se mai, a questo punto, di non avere mai nominato il Divino
Marchese. Ma l’ho fatto apposta. Primo, perché quando si leggono racconti di
sesso estremo, si pensa subito al Marchese De Sade; secondo, perché porterebbe
fuori strada il lettore. Qui non si tratta di dimostrare una tesi, o di
mostrare gli abissi umani. Qui si tratta di scandagliare, semplicemente, l’uomo,
tutto l’uomo, nel bene e nel male, di scavalcare anzi la classificazione di
bene e di male, per affrontare quello che Wagner chiamerebbe il “puramente
umano”, e Nietzsche l’antropologia dell’uomo, così come viene definendosi nella
Genealogia della morale.
Non a caso Stephen sembra prefigurare Darwin. Sale sulla Nave Nera per studiare
piante e animali del mondo, e disegnare, fissare sulla carta i profili degli uomini
che abitano la Nave Nera. Nei loro abissi scopre i propri, di abissi, soprattutto
verso la fine. Ma che poi abbia la forza di ritrarsi rivela più che la sua
tempra morale, la natura di osservatore, di scienziato che lo domina. Che
partecipi alle passioni di tutti fa parte del suo stare al mondo come esemplare
della specie umana, Ma che quelle passioni, poi, sia in grado di osservarle, e
studiarle, anche in sé stesso, fa parte della sua mente di scienziato e di
artista. Solo una cultura fastidiosamente e ancora ossessivamente crociana, che
separa l’emozione dalla razionalità, continua in Italia a separare le due
attività, a credere che il cervello di uno scienziato non possa essere anche il
cervello di un artista. Su questa divisione di campo il cattolicesimo poi ci
mette il suo carico da undici. E la cultura italiana è servita. Servita anche
la sua mediocre Scuola Cattolica.
Fiano Romano, 28 luglio 2016