giovedì 25 giugno 2015

Lo Scarlatti di Maurizio Baglini



Mi è arrivato, con Classic Voice, lo Scarlatti di Maurizio Baglini, “Sonate in tempo di danza”. Ma che bello, e che bella l’idea d’insistere sulle danze: la corte spagnola era in perpetuo contatto con la corte francese, Scarlatti così appare informatissimo di quanto Couperin e Rameau facevano a Parigi. Ma c’è di più: giustamente Baglini non finge di suonare un clavicembalo, non batte tempi meccanici, ossessivi, né picchia i tasti come volesse punirli. Molti pianisti si comportano così, credendo di restituire in questo modo sulla tastiera del pianoforte l’effetto sferragliante del clavicembalo. Sbagliano. Tante vale allora suonare direttamente sul clavicembalo una musica che si suppone destinata al clavicembalo. In realtà qui si aprirebbe un lungo discorso. Come per Bach. Scarlatti era insoddisfatto dei clavicembali del suo tempo. Cercava di ottenere gli effetti degli archi e della voce, di graduare le dinamiche, contrapporre piano e forte, come nei concerti per più strumenti. E’ questo il motivo per cui scrive accordi armonicamente inspiegabili col solo movimento delle parti. Ma accordi con quattro e talora cinque suoni, sia nella mano destra che nella sinistra, hanno più corpo di accordi con meno suoni, due, tre. L’effetto è quello di un piano e di un forte, se eseguiti l’uno dopo l’altro. O se si passa da una sezione di una serie di accordi a una sezione di melodia accompagnata o di due melodie in contrappunto. Quasi un effetto di Tutti e di Solo. Come nel Concerto. Bach lo sperimenta nel “Concerto Italiano”. Baglini legge questa musica come se fosse destinata al pianoforte e basta. E quanti colori! Della scrittura clavicembalistica conserva, però, l’elemento strutturale più importante, che invece molti pianisti trascurano: la libertà di fraseggio, il rubato particolare della musica del primo Settecento (Rameau ne è un maestro raffinatissimo), fondato più sull’armonia che su una ricerca di effetti superficialmente espressivi, perché poi l’espressione è tutta affidata, invece, alla cantabilità delle voci, non solo di quella superiore, Scarlatti Baglini lo suona contrappuntistico alla maniera di come sarà contrappuntistico Chopin, una libera combinazione di voci. E improvvisamente all’ascoltatore si apre un abisso: questa scrittura guarda avanti, fino a Ravel. Si è colti da vertigini. Ma anche da un immenso piacere. Il piacere di riconoscere un’intelligenza analitica sottilissima coniugata a una sensibilità musicale straordinaria. Ma questa è musica di oggi, viene fatto di esclamare! Come sempre, la grande arte è sempre arte contemporanea!

Fiano Romano, 25 giugno2015

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