Affect is no Crime
New Music for Old Instruments
Europa Ritrovata
Matteo Gemolo, flauto traverso
Patrizio Germone, violino barocco
Miron Andres, viola da gamba
LisaKokwenda Schweiger, clavicembalo
Arcana A 116
Matteo Gemolo, al flauto, e Patrizio Germone, con il suo violino barocco, ci avevano già deliziato con le sonate e le fantasie di Telemann. Eccoche adesso unendosi al violista Miron Andres e alla clavicembalista Lisa Kokwenda Schweiger, si misurano addirittura con la musica di oggi. Ma sempre suonando i loro usuali strumenti barocchi. Una stranezza? Chi sa. Wanda Landowska chiese a Manuel De Falla di scrivere qualcosa per lei, e così nacque nel 1926 quel capolavoro che è il Concerto per clavicembalo e cinque strumenti (flauto, oboe, clarinetto, violino e violoncello), e nel 1928 quell’altro capolavoro che è il Concert champêtre di Francis Poulenc. Mariolina De Robertis fece lo stesso con i compositori del secondo novecento, e Togni, Donatoni, Clementi, Pennisi, Sinopoli, Panni, Sciarrino scrissero per lei. Qui cinque giovani e meno giovani compositori fanno lo stesso per Gemolo e i suoi amici: la canadese Jocelyn Morlock (1969), Revenant, del 2002; il tedesco Hans-Martin Linde (1930, Anspielungen; la belga Jacqueline Fontyn (1930), La Fenêtre Ouvêrte, del 1996; il greco Tanos Polymeneas Liontiris (1981), Sun Bleached, del 2018; il finlandese Jukka Tiensuu (1948), Tiet/ Lots, del 2003. Un viaggio attraverso il tempo, un tentativo di abolire le distanze, o di indossare la maschera del passato per raccontare il presente. L’esperimento è suggestivo e si apre a interpretazioni anche visionarie. Come se l’abolizione del tempo fosse una forma del tempo. Impressione che, guarda caso, si respira proprio nella musica del compositore greco, in cui la permanenza e fissità del suono sembra misurare la variabilità dell’istante, e dunque lanciarsi in un tempo integralmente immaginario. Ma anche le altre musiche offrono suggestioni significative, il cameo archelogico di Morlock che si fa subito rifrazione moderna, il canto lungo, isolato del flauto di Linde, le trasparenze della compositrice belga. Gli spazi sonori del finlandese Tiensuu interrotti da imprevedibili silenzi. Forse non è la forma che va cercata, ma l’esperienza del durare, pezzo per pezzo. Come nella musica orientale. E forse sta qui la suggestione: che queste musiche non uniscono solo passato e presente, ma anche occidente e oriente. Si pongono pertanto come un’abolizione di limiti, un affacciarsi sull’ignoto. Cercando non di indietreggiare o di respingere, bensì di ascoltare ed accogliere. Dal tempo e dallo spazio. Sentire, sperimentare, conoscere, conoscersi, emozionarsi non è un crimine.
Fiano Romano, 2 aprile 2021
Nessun commento:
Posta un commento