Eschilo, I Mirmidoni, lamento di Achille
traduzione, in versi endecasillabi, di Dino Villatico
dai frammenti superstiti: frammenti 132 - 137 dell'edizione LOEB, curata da Alan H, Sommerstein
ACHILLE
Vecchio Fenice, molte nel mio cuore
ascoltando da te, che mi rispetti,
ingiuriose parole, a lungo sono
stato in silenzio. Mi lapideranno?
Lo faranno? Non sembra se da pietre
il corpo sfigurato sia del figlio
di Peleo che un aiuto diverrebbe
per i Troiani? E che? sarebbe meglio
sopportare la morte, che consola
le sofferenze, come si suppone?
Io, avere paura degli Achei?
Mi sfidino, mi mettano alla prova.
Con una lancia nella mano, che ora
dorme, dicono, per la mia cattiva
conduzione di tutto questo affare.
Se tutto è in mio potere, come tutti
gli alleati pretendono, e causato
avrei io tanta angoscia per la mia
assenza dal combattimento,
io sono allora tutto per l'armata
degli Achei, non credi? Io solo.
Non ho vergogna per parole come
queste che ho pronunciato.
Per chi direi che capi come questi
sono uomini più nobili di quanto
io non lo sia? Ma chi ha messo in fuga,
e più spesso, la massa dei Troiani?
E adesso un vile, un imbelle viene
a etichettarmi, me, di traditore,
perché vuole che Ettore lo sconti
questo sventuratissimo morire?
E la fulva creatura, lavorata
con fatica da fulgidi colori,
io la vedrò sparire come cera?
Voi non avete rispettato il sacro
vincolo di un amore, ingrati foste
ai nostri innumerevoli perduti
baci. Ma io invece ho onorato
l'intimità delle tue cosce, amico,
piangendoti come ora sto piangendo.
E a me, ancora, poiché io lo ho amato,
la vista del cadavere non causa
in me nessun disgusto.
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