UN DIALOGO POETICO
A mo' di una tenzone duecentesca
DINO VILLATICO e ALESSANDRO LIBURDI
Dino Villatico
SANT'ALFREDO
Ad Alessandro Liburdi
Mon
Dieu, mon Dieu, la vie est là
Simple
et tranquille.
Cette
paisible rumeur-là
Vient
de la ville1.
Paul Verlaine
Che angoscia! ma che angoscia! tra me stesso
mi grido, mi sospiro sopra un letto
con le gambe distese mentre l'aria
nessun fiato la smuove sulla testa.
Che trionfo quest'io che si contempla!
Quanto è facile dentro il mio cervello
ispezionare il mio disagio, farmi
un'indagine di stati di coscienza,
dirmi speciale, perché mi racconto,
con questa storytelling da trattato
divulgativo di sociologia,
la faccia e controfaccia di una scheda
che so scartabellare con perizia
e dirla con dovizia di scrittura.
Ma l'io, quest'io che accampa posizione
di comando, che sa, che vede, tranne
sé stesso? Fortunato il mio Verlaine
che giustamente dalla sua finestra
guardava la città: la vita è là,
tra i comignoli e i tetti di Parigi.
È qui, nel mio giardino, tra gli olivi,
e la siepe di teucrium, tra le foglie
del bosso, tra gli sterpi, nel canneto,
nel mirto che ormai sfida la tettoia
del capanno, e s'innalza fino al cielo,
mentre all'interno s'agita la pompa
del pozzo, e fa rumore. Tra le foglie,
volano vespe e calabroni, un tocco
di colore tra il verde delle siepi,
strisciano in terra biacchi e coronelle,
e sguiscia la lucertola tra sterpi,
saltano più nascosti i rospi, i ratti,
e volano tra i rami degli ulivi
upupe, gazze, corvi e pettirossi.
Io che ci faccio qui, con il mio io,
saturo di disperazione? Troppo
non è lontano il Tevere. Il Soratte
mi guarda con lo sguardo indottrinato
da centinaia di milioni di anni,
indifferente al mio dolore,
silenzioso ai lamenti della gente.
Se il mio pensiero corre, come deve,
oltre i confini di quest'io minuto,
in terre che non sono poi lontane,
terre del nord, altre più calde a Gaza,
vi ascolto spari, missili fuggenti,
grida di uccisi, spasimi di rabbia
e di dolore, e l'eco inascoltata
del pianto assiduo dei sopravvissuti.
Non è per questo altrove sconosciuta
la gioia, strimpellata l'allegria,
si accumula la folla sulle spiagge,
strombazza la gazzarra per le strade
e per le piazze di villaggi e borghi,
per discoteche, cinema, teatri.
Il mondo di qua ride, di là piange,
ed è dovunque vano il riso, il pianto:
da secoli e millenni li si ascolta.
Ma quale angoscia? Il mondo ha più diritto
di te, di dirsi mesto e disperato.
Perché nessuno sembra dare peso
al pianto, interessarsi al riso. Passa
presto il olore, come passa il riso.
Guardalo, e taci. Quest'angoscia lieve
che ti tormenta, non è, sai, nemmeno l'ombra
dell'angoscia in cui oggi muore il mondo,
quella parte di mondo a nord che soffre
gli insulti di una guerra, e l'altra parte,
in oriente, che ne subisce inerte
la distruzione. Il riso e il pianto
sono dovunque un atto d'impotenza.
Festeggia pure Sant'Alfredo, il nome
che ti fu dato il giorno che nascesti.
Il consiglio degli elfi2, da quel punto,
sarebbe stato guardare il mondo,
e non di lamentarti di te stesso.
L'indifferenza della storia segno
fu sempre della nostra indifferenza
al riso al pianto, al vano e breve affanno
che accolse in ogni tempo la miseria
con cui l'insipiens traccia il suo cammino,
senza guardarsi indietro, senza un occhio
che misuri il cammino che gli resta:
il deserto alle spalle, di sconfitti,
e davanti il deserto di chi vince.
Fiano Romano, 14 - 16 agosto 2024, S. Alfredo
Alessandro Liburdi
SCIARADA AGOSTANA
All'amico Dino Villatico, giocando di specchio e di nomi
Per il giorno di Sant'Alessandro, per chi ci crede e chi no
Una scenetta di vita litoranea, due vacanzieri vicini di ombrellone:
- Ehi, oggi è il tuo onomastico: auguri!
- Chi, io? Il mio che?
- Onomastico!
- Oh, no! Mastico appena
il succo di un giorno
ed ecco mi scopro
il giorno di un santo
il culto del nome che porto:
nome da papa[1], da eroe di calcio e campione[2],
prima ancora di gran condottiero
dalla Grecia partito e giunto
dopo la Persia, a sconfinare il mondo
al cospetto di un incognito mistero.
E io, con questo mio nome, erede
di una storia ben più lieve,
poco responsabile, resto qui
alla frontiera del mare, ritratto
sul mio veliero di pensieri,
l'argano spezzato, zero voglia di ripararlo.
Dovevo essere Protettore di uomini[3]:
ho finito per capire che prima di farlo
dovevo proteggere me stesso
dalle malie funeste del capitale,
in questo gorgo insensibile, marsupiale
di gente che è amica del profitto
e ignora la bellezza, la fiamma antica
su questa casa comune dove
a scavare con due sole dita
trovi terra fertile, acqua buona, amori forti
e non petrolio, denari ignobili, effimeri piaceri.
Eccoti, dunque, una spiegazione del mio nome:
il nome, quest’unica eredità sicura
che i genitori trasmettono ai figli,
patente di carta stropicciata
che portiamo in giro col nostro stare al mondo,
prima che in un secondo
arrivi a spezzarsi la catena.
D'altro canto, me lo sussurrò
un grande avvistato di notte
a fari spenti, in un sogno,
il giorno in cui son nato
il giorno in cui nascesti tu
siamo diventati in automatico
infinitesimi immortali:
lasceremo traccia anche noi
di questa vita, a questo mondo,
ci è bastato, ci sta bastando
vivere, amare, credere in qualcosa,
lavorarci per tirarlo su, crescere
al cospetto delle nuvole e sentire
che siamo nomadi in terra amica,
monadi vaganti per l'eterno.
E ora scusa se mi siedo,
se mi godo questo sole sul trampolino,
il fecondo silenzio delle onde:
questo nome scagliato nella spuma
è come mi chiamano gli altri,
un nome che ancora non sa chi è.
Il vacanziere 1, quello che aveva fatto gli auguri, se ne va via, basito, la testa ciondolante e perplessa:
- Volevo solo fargli dei banalissimi auguri, e che cavolo…
Il vacanziere 2 se ne resta a contemplare il mare, raccoglie due ciottoli, li lancia in acqua e si tuffa:
- Mah, forse questi discorsi l’avranno turbato
figuriamoci, come hanno turbato me.
[1] Papa Alessandro III, in onore del quale Alessandria è stata così battezzata. E lì in Piemonte ci ho vissuto una manciata d’anni...
[2] Alessandro Del Piero: campione della mia infanzia e della mia adolescenza, esempio dentro e fuori dal campo.
[3] L’etimologia di Alessandro è proprio quella: Ὰλέξανδρος (Alexandros), composto dai termini αλεξω (alexo, "difendere", "aiutare") e ανηρ (aner, genitivo ανδρος, andros, "uomo"): “protettore di uomini”
Dino Villatico
Una sciarada oracolare
Nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu, nisi ipse intellectus3.
Principio della filosofia scolastica, da Aristotele, integrata da Leibniz, al quale si deve l'aggiunta "nisi ipse intellectus".
Ad Alessandro Liburdi
Amico mio, com'è lontano il senso
delle cose, se un senso hanno le cose
quando noi le guardiamo che non sia
l'intento di guardarle. Mi dichiari,
con elegante e liquido disegno
di un bozzetto marino, un battibecco
sulla spiaggia di voci che beffarde
si scambiano le sillabe straziate,
equivocate, di sciarade intente
a masticare mastici di nomi
figurati, di un Dino, un Alessandro
che chiedono responsi conclusivi
a boschivi elfi4 di Britannia, a numi
che sorseggiano l'acqua tumultuosa
dell'Indo5, e interrogata la trimurti6
si rintanano a casa con le mani
vuote e le orecchie chiuse e sigillate
dal silenzio del mondo, più loquace
di una folla sbraitante nei mercati.
La tua sciarada, che mi schiude il nulla,
il nostro nulla di esiliati, almeno
di scacciati dal mondo dei vincenti,
non sai quanto, potrei considerarla
oracolo di Dioniso, o di Sciva7,
un Om8 che muove la perenne ruota
dei desideri: delle cose, penso,
non ha ragione di preoccuparsi,
perché le cose stanno là, fissate
fuori di noi, e noi non conosciamo
nemmeno se ci stanno per davvero,
o se ce le fingiamo. Figurarsi
se possiamo sapere di che cosa
sono fatte. E con questa mia sapienza
d'insipente, di un homo sapiens presto
dagli elfi trasformato in transeunte
bestia insipiens, chiedo venia al senno
del tuo parlarmi, al senso che indovini
nei miei versi, mi prostro al tuo cantarmi,
e anch'io ti canto una canzone nuova,
che si veste di versi regolari,
di pochi endecasillabi studiati.
La regolarità del metro, amico,
dirà la mia costanza di compagno
letterario, e non c'è maggior guadagno,
in un mondo che sperpera le cose,
di questo nostro duraturo sforzo
di mantenere, tra di noi, lo stile
di un'amicizia che rispetta il cuore
ma non trascura il più segreto stigma
che al cuore unisce la comune nostra
virtù di benedire la scrittura.
Fiano Romano, 30 agosto 2024
1Mio Dio, mio Dio, la vita è là / semplice e tranquilla. / Questo pacato rumore là / viene dalla città.
2Questa sarebbe il significato del nome Alfredo: consigliato dagli elfi.
3Niente c'è nell'intelletto che prima non fosse nei sensi, tranne lo stesso intelletto.
4Alfredo, il mio nome, di cui Dino è il diminutivo, etimologicamente significa "consigliato dagli elfi".
5Alessandro Magno toccò le rive dell'Indo.
6I tre dei dell'Olimpo indù: Brahma, Visnù e Sciva.
7Sciva e Dioniso sono probabilmente lo stesso dio. Creatori e insieme distruttori della vita.
8La sillaba dal cui suono, pronunciandola, Brahma crea il mondo, o piuttosto le apparenze che chiamiamo mondo.
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