sestina
L'innominato è bello nominare
oltre la soglia delle mie parole:
solo la mia parola lo contiene,
fuori basta uno sguardo a possederlo.
Ma più feroce un vento mi possiede
che virtù mi reprime, soffia forte
nel cuore quanto più cerco silenzio,
ma nel silenzio il cuore si rivolta.
Sarà silenzio tra le bocche il fiato
che ventila la vita, e vita il bacio
che ti sospende il fiato, ma tacendo
si è già deciso l'atto che sospiro.
Angelo mio lontano, il mio delirio
non ebbe inizio che dal primo sguardo,
non conobbe per questa sua ferita
altra cura che lo slabbrarsi estremo
dei margini d’amore, né l’incendio
fu di pietà che m’iniettasse il seme
per cui bruciava in me tutto il mio seme:
ma senza uscita compresso il delirio
che naviga il mio sangue, un solo incendio
acceca nei miei occhi ogni mio sguardo,
per cui si fa ad ogni passo estremo
il buio che mi occulta la ferita.
E fosse solo il buio che ferita
inacidisce tra le vene, seme
si fa sotto la pelle il pianto estremo
che lacrime di fuoco al mio delirio
inonda con il gelo di uno sguardo,
il tuo, che ignora e accende questo incendio.
Ma fosse morte nell’amato incendio
questa scissione che slabbra la ferita,
aprirsi non vedresti nel tuo sguardo
più dolce la sua bocca se il tuo seme
placa la febbre del fervido delirio
che morte invoca suo diletto estremo.
Nient’altro, tra le membra, così estremo
languendo nasce, come questo incendio
che brucia le mie vene e nel delirio
di te che scendi allarga la ferita
perché ogni goccia succhi del tuo seme,
saziando nel saziarti ogni tuo sguardo.
Ma mi saziassi pure del tuo sguardo,
insaziata la bocca dall’estremo
tuo darti resterebbe, perché il seme
di cui si sazia non placa l’incendio
che brucia e che consuma la ferita,
ma divampa e s’accresce nel delirio.
Nel mio delirio, non ho nel mio sguardo
altra ferita, che il tuo morso estremo,
per l’incendio che accende in me il tuo seme.
Fiano Romano, 2 gennaio 2021
Quartine in esergo: 7 novembre 2025
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