Un amico carissimo, Alberto Mattioli, scrive un intervento
appassionato in difesa del melodramma italiano. Condivido la sua
passione. Ma temo che il problema del suo apparente declino vada
oltre la difesa del melodramma.(Il quale, comunque. è quasi solo
italiano, altrove gode ottima salute, e non è il solo paradosso di
qualcosa di italiano che ha più fortuna altrove che in Italia. Ecco
la serie di impetuose riflessioni suscitatemi dall’intervento di
Mattioli.
Alberto! Ma i più degli italiani di oggi, quel mondo, il mondo del
melodramma, non solo lo ignorano, ma sono felici d'ignorarlo. Come,
del resto, ignorano Michelangelo, Leopardi, Svevo. Qualsiasi sforzo
per ricuperarlo è destinato a fallire. E' un mondo estraneo, o
sentito estraneo, al mondo di oggi. Come è estraneo anche Leopardi.
In Inghilterra è nato un dibattito accesissimo per la traduzione
dello Zibaldone. Ma già prima Nietzsche e Unamuno consideravano
Leopardi un grande pensatore europeo. In Italia, Croce demolisce
questo pensiero come frutto di una crisi adolescenziale. E ancora
s’inventano le categorie di pessimismo e ottimismo per
neutralizzare la carica eversiva della sua critica alla cultura
dominante degli italiani, al loro cattolicesimo superstizioso,
acritico (da credente Manzoni non dice cose tanto diverse sul
cattolicesimo italiano, pur contrastando anche violentemente
l’ateismo leopardiano). Allora è inutile sforzarsi di difenderlo,
imporlo, il melodramma di Rossini e di Verdi, separandolo dalla
cultura che l’ha fatto nascere e in cui deve di nuovo inserirsi. Se
davvero lo si vuole salvare - e io come te voglio salvarlo - la via
da percorrere è un'altra, più faticosa, irta di ostacoli, quasi
utopistica. Bisogna reimpostare, cioè, da capo, in Italia. il
rapporto tra la società e la cultura, tra la politica e la cultura.
Lo aveva già previsto e proclamato, anche se con toni profetici che
possono avere irritato molti, Mazzini, e prima di Mazzini lo avevano
proposto, direi quasi imposto come necessità primaria, Alfieri e
Foscolo, né andrebbe dimenticato Filippo Buonarroti. Se
rigenerazione ci ha da essere, non può che partire da una
rigenerazione sociale e politica del paese. E non solo dei teatri.
L’Italia non ha mai attuato la rivoluzione cultura che in Francia
avviò la Rivoluzione e in Germania attuarono, visionariamente,
Lessing e Goethe: fare del teatro il luogo della discussione
culturale e civile del paese. Per il pubblico italiano, il teatro è
spasso, divertimento, evasione. I drammaturghi che propongono altro
(Verdi e Pirandello, tra i massimi) vengo cauterizzati, evirati,
anestetizzati, per ridimensionarli a puro spasso. L'Italia di oggi,
che paga male un ricercatore e lo spinge perciò a trovare spazio più
adatto, più motivante, oltre che meglio rimunerato, altrove, è la
stessa che affossa i teatri. L'Italia che non difende il paesaggio,
che anzi dice che l'edilizia è il motore economico del paese,
affossa i teatri. Perché la ricerca scientifica la bellezza del
paesaggio, i teatri, non sono il suo mondo, come non è il suo mondo
la scuola, l'università, il museo, non sono il suo mondo le città
d'arte che le sono state regalate e che gli italiani di oggi,
soprattutto i politici italiani di oggi, non si meritano. Proust
scrisse che l'Italia è il paese più inestetico del mondo, non
perché manchi di opere d'arte, ma perché non ne comprende il valore
e non sa proteggerle, conservarle, non riesce a reinventarle, a
reinventare la cultura che ha prodotto il miracolo del Rinascimento e
del Barocco, e reinventare dunque il moderno. Il moderno è stato
visto, immaginato, realizzato, da alcuni, ma non è la cultura del
paese. La cultura del paese è la dissipazione della ricchezza
ereditata, in arte, paesaggio, cultura scientifica e letteraria. Io
la penso come Proust, ancora come Proust, passato ormai più di un
secolo da quelle parole. La citatissima frase di Gramsci: pessimismo
della Ragione e ottimismo della Volontà non ci soccorre. E’ anzi
sbagliata. Perché contrappone ottimismo e pessimismo, invece di
proporre un’analisi spietata della realtà, e solo in base ad essa
proporre soluzioni, interventi. In arte Gramsci lo ha fatto, ma con
un residuo d’idealismo che mi irrita. Non a caso ammirava la
filosofia di Benedetto Croce. Che tra l’altro lo portò fuori
strada nell’analisi dei fenomeni letterari. Per quanto generosa
fosse quella strada.
Vedo poco spazio per l'ottimismo. Per qualunque tipo di ottimismo,
della volontà, dell’ideologia, o di ciò che vi pare. A dire il
vero, pessimismo e ottimismo sono termini che non mi piacciono.
Sarebbe più realistico parlare di analisi della situazione e
proposte di interventi per cambiarla. Con le speranze e le illusioni
non si combina niente. E' solo l'analisi realistica dei fatti a dirci
che cosa dobbiamo fare. Naturalmente con un’idea precisa di
società, di Stato, a cui pensiamo. Ma idea, non speranza, e tanto
meno illusione. Idea fondata su principi, non su valori. I valori
sono mutevoli. I principi no: per esempio i principi di libertà e
uguaglianza. Ai quali è sotteso il principio di giustizia. E la
riflessione sulla giustizia sociale possiamo farla risalire
addirittura già al codice di Hammurabi. Va precisandosi nei secoli.
Ma la vedo dura, gli italiani, in genere hanno sempre preferito i
contafavole a chi li voleva obbligare a guardare in faccia la realtà,
hanno preferito i Mussolini, i Craxi, i Berlusconi, i Grillo, e in
fondo anche i Renzi. Chiunque suggerisca di mettere i piedi per terra
è un rompicoglioni, un menagramo, un antitaliano. E sia! Continuiamo
a suicidarci! Tanto per cominciare proprio la terra dove abito è
dall'altro ieri una fucina di Vulcano! Un unico incendio che dura da
tre giorni. Agli incendiari - forse organizzati non so se dalla
criminalità organizzata o da chi- e all'inefficienza dello Stato
vuoi proporre un'analisi realistica dei fatti, instillare speranze di
cambiamento? Arrendiamoci. Il nostro è un paese destinato a
scomparire. Resterà solo un'immensa Disneyland. E per dire che
spazio abbia tra gli italiani la volontà di rimboccarsi le maniche e
cambiare la situazione, proprio ieri, mentre andavo a fare la spesa,
in mezzo a quest'inferno di fuoco ad appena tre chilometri da me in
linea d’aria, il conducente della Fiat Panda davanti a me ha a un
certo punto buttato sulla strada un mozzicone di sigaretta acceso.
Vero, Alberto, che il nostro paese è sempre stato oggetto e non
soggetto della politica internazionale. Ma avevamo politici che
sapevano inserirsi nel gioco politico internazionale. Oggi vedi
qualcuno che abbia lo sguardo capace di oltrepassare l'orticello di
casa? La vicenda della sindaca di Codigoro è significativa. Mica una
leghista, o una forzista. Una del PD! E dalla direzione del partito,
silenzio. Il partito sta affondando, e il loro bisogno impellente non
è guardare in faccia le cose e capire perché stanno affondando, ma
attingere al pozzo elettorale dei rivali che rischiano di
scavalcarli. Non c'entra nemmeno la politica riguardo ai migranti,
non gliene potrebbe fregare di meno, ma ciò che davvero interessa è
quanti voti in più incasso se anch'io mi atteggio a razzista e a
duro, in difesa non si capisce di quale italianità primigenia! Vedi,
ciò che più sconforta è l'uniformità delle proposte o meglio
delle non proposte, dei bla bla, tutti uguali, che parli un fascista
o un sedicente politico di sinistra, il discorso è lo stesso, e
dispiace dirlo, una discorso che ricorda cose già dette, già
sperimentate e già fallite, durante un tragico ventennio finito
nella catastrofe della Seconda Guerra Mondiale, diciamocelo pure,
discorsi fascisti, perché avere paura delle parole? Certo non più
lo stesso, non più con le camicie nere (verdi? rosse sbiancate fino
a diventare bianche con una croce?). Ma sempre fascisti. Ho fatto la
mia vita. Ho 76 anni. ma non è l'Italia che auguro per i miei
nipoti, che guarda caso, uno sta a Panama e l'altro a Copenhagen.
Potrebbe sembrare il mio un indifferenziato sguardo qualunquista. Ma
la tragedia italiana non è che la politica italiana possa indurre al
qualunquismo i cittadini, bensì che essa stessa, la politica
italiana, è una politica di qualunquisti, qualunque sia lo
schieramento di cui propone la prevalenza. L’analisi è amara,
certo, e dentro di me spero, sì spero, di vedermi sbugiardato dai
fatti. Ma di questa speranza ho già perso da tempo l’illusione e
la speranza.
Fiano Romano, 6 agosto 2017
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