La scoperta di un quadro
J.H.W.
Tischbein, Allegoria della Poesia e Pittura, Roma, 1783
A
cura di Maria Gazzetti, saggi di Hermann Mildenberger, Michael
Thimann e Duccio Trombadori
Roma,
Casa di Goethe Museum, 2019, pagg. 55, € 10,00
Edizioni
in tedesco e in italiani
Johann
Heinrich Wilhelm Tischbein è conosciuto dagli italiani per il grande
ritratto di Goethe in veste di Wanderer (viandante) seduto su una
roccia, le gambe distese e in testa un cappello dalle falde larghe,
sullo sfondo della campagna romana.
Ma era un pittore assai attivo
nella Roma degli ultimi due decenni del Settecento. Si trasferì nel
1789 a Napoli, dove fu nominato dal Re direttore dell’Accademia di
belle Arti (l’Italia dei Papi, dei Borboni, del Granducato di
Toscana, e degli Stati del nord, era molto più europea dell’Italia
di oggi, dove si grida subito all’oltraggio se un non italiano è
messo a capo di un teatro o di un museo italiani). Condivise con
Goethe per due anni, dal 1786, la casa di Via del Corso a Roma. A
Roma venne con una borsa di studio ottenutagli proprio da Goethe.
Facevano parte di un gruppo di scrittori, artisti e di intellettuali
tedeschi che avevano scelto Roma come sede delle loro attività. Tra
questi anche la bella e bravissima Angelika Kauffmann, che ha dipinto
il ritratto forse più bello, anche se idealizzato, del giovane
Goethe.
L’interesse per la cultura e l’arte antica, riaccesa
dall’opera di Winkelmann, animava certamente le discussioni nei
salotti. Ma soprattutto, attraverso lo studio dell’antico, si
progettava il moderno. E si discuteva del rapporto tra le arti, quale
fosse l’arte origine di tutte le altre, se la pittura o la poesia.
L’espressione coniata da Orazio “ut pictura poesis”, dalla
lettera ai Pisoni, nota come Ars Poetica, fu all’origine di una
secolare contesa sul primato della poesia o della pittura. Su questa
tradizione s’inserisce Tischbein con un’impostazione nuova, che
sembra fondare un primato della pittura sulla poesia. Di questa
impostazione oggi abbiamo maggiore e più precisa comprensione
attraverso il ritrovamento di un quadro, di cui non si conosceva
nemmeno l’esistenza, e che fu trovato da Antonello Trombadori nella
bottega di un antiquario romano, lo ha da poco acquistato la Casa di
Goethe Museum di Roma dal figlio di Antonello, Duccio Trombadori, che
l’aveva ereditato. Di questo ritrovamento e dell’acquisto si
parla in un prezioso volumetto, pubblicato quest’anno dalla Casa di
Goethe, curato da Maria Gazzetti, direttrice del Museo, in cui sono
contenuti brevi saggi di Hermann Mildenberger. Michael Thimann e
Duccio Trombadori, dal titolo La scoperta di un quadro, J.H.W.
Tischbein, Allegoria della Poesia e Pittura, 1783.
Perché è
importante sia il ritrovamento sia l’acquisto da parte della Casa
di Goethe? Perché il quadro sembra proporre una gerarchia della
poesia e della pittura diversa da quella del cultura del tempo,
cultura ch’era condivisa anche da Goethe, che conferiva il primato
alla poesia, in quanto origine di tutte le arti. Tischbein sembra
rappresentare il contrario e raffigurare la pittura come origine
delle arti, anticipando in qualche modo le idee del romanticismo
sull’autonomia delle arti. Nel senso che ciascuna arte trae le
proprie forme da materie diverse. E la visione, per Tischbein, come
poi per i romantici, precede il linguaggio. Ne ritroviamo un’eco
ancora in Robert Schumann, quando scrive che l’estetica di un’arte
è l’estetica di tutte le arti, solo la materia è diversa. Ma è
proprio la materia a individuare la specificità di ciascuna arte,
come chiarisce Hegel nelle sue Lezioni di Estetica: ciascuna arte
realizza una particolare esperienza dell’intelletto che interpreta
le sensazioni. La pittura formalizza la visione, la scultura il
volume, l’architettura lo spazio e la musica il tempo. La poesia le
riassume nel linguaggio e rende dunque esplicito il pensiero che
nelle altre arti è celato sotto allusioni simboliche. Ma sia nei
tardoilluministi tedeschi che nei romantici era percepita chiaramente
l’unita delle arti, e dunque la loro traducibilità da un’arte
all’altra. Su questo principio, anzi, Liszt fonda l’idea del
poema sinfonico, traduzione impropria della parola Tondichtung che
significa piuttosto poesia sonora, poesia di suoni. La premessa,
comunque, di questa pittura è che essa non si limiti a raffigurare
figure, ma attraverso le figure esprima un vero e proprio pensiero.
In altre parole, anche la pittura, come la poesia, è pensiero (per
Leonardo era addirittura scienza). L’allegoria allora consiste
nell’evidenziare figurativamente i rapporti tra la poesia e la
pittura. Si vedono due donne in un ambiente intimo, l’arredamento
della stanza allude a mobili antichi, sul guéridon sta poggiata una
ciotola di metallo con la vernice, che arieggia una suppellettile
antica. La donna a destra regge con la mano sinistra una tavola che
poggia sulla coscia sinistra sulla quale si scorge l’abbozzo di un
disegno. Con la mano destra la donna stringe la sinistra dell’altra
donna che tiene con la sinistra la sommità di una lira poggiata per
terra. La donna di destra è la pittura. Quella di sinistra la
poesia. Entrambe sono sedute. Ma la Pittura ha vesti colorate, i
colori della pittura, la Poesia veste di bianco, a indicare
l’astrattezza della parola. La Pittura appare evidentemente come
guida della Poesia. La colonna antica dietro di loro conferisce
solennità all’incontro, così come i toni scuri dei colori
dell’ambiente.
La raffigurazione s’inserisce nell’ambito di
raffigurazioni allegoriche simili di altri pittori. Per esempio
l’Autoritratto in vesti di Disegno, ispirato dalla musa della
Poesia di Angelika Kauffmann, dipinto l’anno prima del quadro di
Tischbein, e quindi probabilmente da lui visto. Qui, al contrario di
Tischbein, colorata è la Poesia, l’autoritratto della pittrice,
nelle vesti del Disegno, cioè della Pittura, la mostra invece
vestita di bianco, il che fa pensare alla poesia come suggeritrice
della pittura, anche per l’atteggiamento protettivo della donna che
impersona la poesia, la quale avvince Angelika-pittrice con il
braccio destro, e la mano affiora sul braccio destro della donna
avvinta. La raffigurazione ebbe un successo enorme, e la ritroviamo
in pieno periodo romantico a raffigura l’Italia e la Germania
abbracciate in un quadro di Friedrich Overbeck.
Raffaello e Dürer
sembrano unirsi in una rappresentazione ideale della cultura
artistica dei due paesi, la colorata e vivace Germania e la composta,
armoniosa Italia. Dopo le dotte dissertazioni di Mildenberger e
Thimann, Duccio Trombadori, nel breve scritto conclusivo, racconta la
storia del quadro di Tiscbein, di come suo padre Antonello lo avesse
acquistato da un antiquario romano e come fosse poi stato
ceduto alla Casa di
Goethe.
Fiano
Romano, 29 agosto 2019
Nessun commento:
Posta un commento