Miguel Ángel Hernández, El
instante de peligro, Barcelona,
Editorial Anagrama, 2015. (Finalista Premio Herralde de Novela)
“Una sombra inmóvil sobre un muro en mitad de
un bosque. Eso es lo que muestran las extrañas películas anónimas
que han llegado al correo del profesor Martín Torres. La remitente,
la joven artista Anna Morelli, las
ha encontrado por azar en un anticuario de New Jersey y pretende
utilizarlas para su nuevo proyecto artistico en el Clark Art Insitute
de Williamstown, institución de la que Martín fue becario hace más
de diez años. Lo que Anna le propone no puede ser más atractivo:
volver un
semestre al Clark para escribir sobre las películas y dotar de
historia a unas imágenes sobre las que nada se puede saber”1.
(Risvolto di copertina)
I. Leer lo que nunca fue escrito
“Articular históricamente el pasado no
significa conocerlo ‘como verdaderamente ha sido’. Significa
apoderarse de un recuerdo tal como éste relampaguea en un instante
de peligro2”.
Walter Benjamin
II. El aire que tal vez respiramos
“Una felicidad capaz de despertar envidia en
nosotros sólo la hay en el aire que hemos respirado junto con otros
humanos, a los
que hemos podido dirigirnos3”.
Walter Benjamin
III. Un cúmulo de reuinas
“El ángel quisiera detenerse, despertar a los
muertos y recomponer lo destruydo. Pero un huracán sopla desde el
paraíso y se arremolina en sus alas, y es tan fuerte que el ángel
ya no puede plegarlas. Este huracán lo arrastra irresistiblemente
hacia el futuro, al cual vuelve la espalda, mientras el cúmulo de
ruinas crece ante él hasta el cielo4”.
Walter Benjamin
IV. “Jetztzeit”
“La historia es objeto de una construcción cuyo
lugar no es el tiempo homogéneo y vacío sino el que está lleno de
‘tiempo de ahora’ [jetztzeit]5”.
Walter Benjamin
V. La imagen verdadera
“La imagen verdadera del pasado es una imagen
que amenaza con desaparecer con todo presente que non se reconozca
aludido en ella6”.
Walter Benjamin
Sono queste le cinque parti del romanzo. E le sue
intestazioni. Romanzo difficile, ma affascinante. Come quasi tutto
ciò che da qualche anno appare, scritto in spagnolo.
La narrativa di lingua spagnola, infatti,
è in piena esplosione inventiva. Come del resto anche
quella di lingua francese. Lo stesso non può dirsi di quella
italiana, salvo singoli casi. Colpisce, in Italia, la povertà della
fantasia narrativa, la sciattezza stilistica (è un eufemismo), la
mediocrità dei parametri culturali: si oltrepassa di poco il
pettegolezzo. l’immediatezza della cronaca, l’autocompiacimento
infantile dell’anedottica personale. Solo per limitarci alle
edizioni Anagrama, in Spagna sono usciti, oltre al romanzo di M. A.
Hernández, di cui qui si discute, El
amor del revés di Luisgé Martín,
Farándula
e Clavícula
di Marta Sanz, Parris-Austerlitz
(bellissimo!), La buena letra,
Crematorio
e En la orilla,
di Rafael Chirbes, i due volumi di Los
diarios de Emilio Renzi di Ricardo
Piglia, Echeverría
e Los Living
di Martín Caparrós, Tierra de campos
di David
(pronunciare Davíd)
Trueba (appena uscito, lo sto leggendo, straordinario!) e di altri
editori (cito a caso):
Soldados de Salamina
di Javier Cercas, Cinco esquinas
di Mario Vargas Llosa, La vida en las
ventanas di Andrés Neuman. E ne
tralascio o dimentico molti. Chirbes, spagnolo, e Piglia, argentino,
due scrittori immensi, ci hanno lasciato, gli ultimi usciti sono
dunque il loro testamento. Ma qui voglio occuparmi del secondo
romanzo di Miguel Ángel Hernández. Il
primo, Intento
de escapada, tradotto anche in
italiano con il titolo Tentativi di fuga
(edizioni e/o) e già recensito sul mio blog, è già un romanzo
nuovo, un ritratto del mondo di oggi, dei migranti, con la lente
dell’arte e delle installazioni, politicamente scorretto,
allarmante, eccessivo, e bellissimo. Anche il secondo, El
instante de peligro, l’istante di
pericolo, sembra nascere dalle riflessioni di Walter Benjamin
sull’arte e sulla realtà d’oggi, o
piuttosto sull’esperienza che abbiamo della realta,
oggi, anche se dagli anni di Benjamin è
passato più
di mezzo secolo. Ma sono solo le
suggestioni di un punto di partenza. In ogni caso indirizzano subito
il lettore a registrare la storia, quella dei personaggi, ma anche
l’ultimo secolo della storia dell’Occidente, e la sta arte, come
il racconto complesso di una realtà particolare in cui
misteriosamente, occultamente, si raddensano significati e pensieri
ossessivi della realtà di oggi. L’assolutamente individuale, il
segretamente personale, intimo, il lato quasi inconfessabile di sé
stessi e della propria storia individuale, si uniscono e si
confondono con il disorientamento del pensiero moderno – qualcuno
lo chiama “debole” - con lo sgomento suscitato
dall’inafferabilità del reale, sia questo “reale”
un’esperienza individuale o un fenomeno artistico, un avvenimento
storico, una fobia o una compulsione collettiva. I confini tra una
cosa e l’altra non sono netti. Anna Morelli è un’artista
triestina che confessa di non possedere un’identità, e di cercarla
nelle opere, nelle azioni degli altri, di cui si appropria per
cancellarle, sul serio, materialmente, dissolvere le figure delle
fotografie con un acido, ma per poi introiettarle nella propria
memoria, e così introiettate esporle poi così come sono state
cancellate da lei, su un muro, sulle pareti di una galleria, segno e
visione insieme di un’identità “rota”, rotta.. “Una
destrucción de pruebas , un
borrado de evidencias. Borrar para ver … Sólo podemos ver aquello
que hemos perdido. El resto, lo que creemos tener, es invisible.
Incomprensible7”.
Pensa, appunto, di organizzare al Clatk una
mostra, un’installazione di questo processo. Ma ha bisogno che
qualcuno inventi una storia per quei film anonimi che ha trovato nel
negozio di un antiquario del New Jersey, dove si vede sempre la
stessa scena, un muro sul quale è proiettata un’ombra. Il mutare
delle foglie degli alberi fa pensare, da film a film, al mutare delle
stagioni. Lo chiede a Martín Torres,
assistente di storia dell’arte
nell’università di una città di provincia spagnola. Martín
è disgustato del mondo accademico, gli è
stata rifiutata la cattedra perché i suoi lavori non sono regolari,
escono dagli schemi del mondo accademico. Accetta perciò l’offerta
di Anna con entusiasmo, anche perché è felice di tornare
nell’Istituto americano dove ha trascorso, dieci anni prima, un
periodo piacevole e gratificante. I due s’incontrano, e si
stabilisce anche una certa attrazione sessuale tra loro due. Questo
fatto sarà un elemento scatenante dell’aspetto più oscuro della
vicenda, quando Anna si lascia coinvolgere in un rapporto a tre con
Martín e con un
amico e collega di entrambi, Rick. Il lato oscuro non sarà quello
tra i due uomini, da una parte e Anna,dall’altra, ma tra i due
uomini tra di loro, sulla scoperta di una reciproca attrazione. Quasi
a dimostrare l’evanescenza dei ruoli sessuali. Martín
si lascia penetrare da Rick, e finalmente prova eccitazione, riesce a
possedere Anna. Come se il rapporto con Anna non potesse essere
diretto, chiaro. E come se il pieno e il vuoto si confondessero. Ma
lo sono, chiari, del resto, gli altri rapporti, tra gli uomo e le
donne, tra le donne, tra gli uomini? Anzi, che cosa c’è dinchiaro
nel nostro rapporto con il mondo, e con l’arte che pretenderebbe
rappresentarlo? E chi è Anna, quale il suo passato? Ma lasciamo la
parola al narratore. E’ una pagina mirabile. Ricorda, alla lontana,
una simile di Goethe, all’inizio dei Wanderjahre, anche lì
l’inspiegabile attrazione tra due corpi maschili. Ma non credo che
lo scrittore spagnolo ne abbia tenuto conto.
“Fue desde allí donde miré a Anna y sentí su
cuerpo. Desde allí sentí el vacío y percibí que en realidad yo
también necesitaba perderme. Y mientras miraba a Anna, mientras la
acariciaba viéndola desde fuera de mí, mientras me veía en esa
escena y percibía el vacío, sentí la necesidad de que Rick me
penetrara. No lo puedo explicar. Era como si mi identidad se hubiera
confundido con la de Anna, como si al mirarla pudiera percibir lo que
ella estaba sintiendo, como si la energía de Rick hubiese pasado a
mi cuerpo a través del contacto con la piel de Anna.
“No tuve que decir nada. Sólo una mirada y él
pareció entenderme. Creo que Anna también.
“Nunca me habían penetrado. Lo más parecido a
eso seguía siendo la vez qu tu [Sophie]
metiste un dedo en mi ano la segunda noche
que nos acostamos. No fue desagradable, pero no llegué a sentir
placer. Sin embargo, cuando Rick embadurnó ni esfínter con
lubrificante y empezó a introducir su polla en mi culo sentí una
satisfacción extraña, una emoción más allá de la carne, más
allá del sexo. Sentí llenarme. Noté un cierto abandono, como si el
cuerpo necesitara dejarse, soltarse. Y sólo desde ese abandono pude
encontrarme y encontrar también la mirda de Anna, Me encontré en
sus ojos perdidos y turbios. Me encontré en el vacío. Quizá era
precisamente a eso a lo que Anna se refería. Un llenarse en el
vacío, o un vaciarse en la plenitud. Lo sentí en su mirada. Y fue
entonces, mientras transitaba por ese vacío lleno, por esa plenitud
hueca, cuando comencé a sentir la erección. Mientras recibía las
embestidas de Rick y miraba el rostro de Anna, mientras veía toda
la escena con esa distancia cercana que he descrito hace uno
párrafos, comencé a notar un gran vigor en mi sexo. Y fue en ese
momento también cuando sentí la necesidad de penetrar a Anna, de
hacerlo por primera vez8”.
Il romanzo procede passo passo
nell’individuazione del senso dei film, di ciascun fotogramma. Il
rapporto con Anna è fecondo dal punto di vista della collaborazione
artistica, problematico sul personale. Martín
non riesce ad avere un’erezione, a penetrarla, e il sesso è
incompleto, anche se appagante. Sarà il rapporto a tre, come
s’è visto, a rivelare ciò che manca. Ma
è come se, non solo ad Anna, a ciascuno dei personaggi mancasse
qualcosa. Finché un giorno si scopre dove si trova il muro e chi
abbia filmato la scena. E’ un vedovo che ogni anno filma la scena
del suo incontro felice con la moglie scomparsa.
Lo racconta suo figlio. I film andranno
dunque restituiti. Tutto il progetto
crolla. Anna, però, ha cancellato
una parte dei fotogrammi. Decidono comunque lo
stesso di restituire i film al
figlio del vedovo e di riorganizzare
diversamente l’installazione. Sarà, questa
volta, veramente l’installazione di
un’assenza, di un’identità che non c’è. Come non c’è il
rapporto tra Martín e Anna: l’amico non è un intruso che
s’inserisce, ma il corpo “altro” che permette il contatto, e la
penetrazione, di Anna,
e di Martín. Ma quale sarà allora il senso dell’opera? “Cualquier
solución podría valer al final. El arte es a veces pura
contingencia9”
afferma Martín.
Ma lei gli risponde che “el arte surge cuando de entre todas las
posibilidades se elige no la más correcta o la más lógica sino la
única posible10”.
E aggiunge: “El arte verdadero … solo existe cuando no puede ser
de otra manera de la que es. No es ciencia, claro, es algo más11”.
Il romanzo è scritto come una lunga
confessione all’amante americana perduta, Sophie, moglie di un
collega dell’Istituto americano. Martín
sa di avere fatto del male a lei e ad Anna.
Ma quando si rompe un amore? Era amore anche quello per Anna.
Per la sua evanescenza, come il compito
fosse di riempirla, ed è proprio ciò che non fu mai in grado di
fare, penetrarla, riempirla. Tutto si rompe in un piccolo istante.
“Supongo que hay que intuir ese punto de no retorno, ese instante
de peligro en el que todo se puede perder
para siempre12”.
Sophie è morta
Martín le
scrive perché la sua ombra, come quella sul muro, “sería
la única ausecia capaz de oìr los silencios
entre tanta palabra, el único reflejo que podría decifrar los
espacios vacíos diseminados entre tanto lenguaje13”.
Ombre, assenze, arte, linguaggio, vita, morte, amore. Legami
invisibili uniscono le cose. La scrittura, l’arte le fa visibili.
Ma poi, a sua volta, anche la scrittura, l’arte, come la vita, sono
indecifrabili. Perché la
loro ragione non sta nell’obbligo di decifrarle, bensì
in quello di essere, e l’essere, come affermava Parmenide, è.
Non so se sono riuscito a rendere la complessità
e la ricchezza di temi del romanzo senza
banalizzarli, perché tutto è la scrittura di Miguel Ángel
Hernández fuorché banale. Complessa,
varia, quanto gli argomenti che tratta: ora colloquiale, parlata, ora
intricata, riflessiva. I personaggi si stagliano come figure
concrete, indimenticabili. Sembra una confessione di vita vissuta –
ma con il distacco che insieme la condanna e la redime. Proprio
perché, come l’installazione di Anna, non cerca una spiegazione,
ma vuole riempire un’assenza, sia pure con una menzogna, una storia
inventata. Ed è probabilmente una storia inventata anche la vita di
ciascuno, come l’ombra con cui Anna cerca di riempire i vuoti della
propria coscienza. E così facendo, senz’accorgersene, scopre anche
i vuoti degli altri, di Martín, e
nel tentativo di riempirli, glieli fa conoscere. Eccolo il nodo che
in fondo lo scrittore stringe in tutta questa complicata architettura
di finzioni, invenzioni, scoperte: che l’essenza stessa dell’arte,
come della vita, è un atto della conoscenza. Non perché arte e vita
possano rispecchiarsi. Ma perché per farla, l’arte, e per viverla,
la vita, è indispensabile la conoscenza, prima di tutto di sé
stessi, ma anche degli altri, e del frammento di tempo in cui il caso
mi ha gettato. “No hay historia
verdadera. La que hemos escuchado esta tarde es su historia, no la
tuya. La única historia verdadera es la que te abrasa, la que nos
habla, la que nos
alude. Tienes que entrar dispuesto a verla. Abre los ojos. Aún más.
Tienes que estar dispuesto a quemarte14”.
Fiano
Romano, 26 maggio 2017
1 Un’ombra
immobile proiettata su un muro nel mezzo di un bosco. E’ ciò
che mostrano gli strani film anonimi che sono arrivati alla posta
del Professor Martín Torres. La mittente,
la giovane artista Anna Morelli, le ha trovate per caso in un
antiquario del New Jersey e pretende utilizzarli per il suo nuovo
progetto artistico nel Clark Art Institute di Williamstown,
istituzione della quale Martín fu
borsista più di dieci anni prima. Ciò che Anna gli propone non
potrebbe essere più intrigante: tornare per un semestre al Clark
per scrivere sui film e dotare di storia alcune immagini delle quali
niente si può sapere.
2 I.
Leggere ciò che mai fu scritto. “Articolare storicamente il
passato bnon significa conoscerlo ‘come veramente è stato’.
Significa impadronirsi di un ricordo così come questo lampeggia in
un istante di pericolo”.
3 II.
L’aria che talvolta respiriamo. “Una felicità capace di
risvegliare invidia in noi c’è solo nell’aria che abbiamo
respirato insieme ad altri umani, ai quali abbiamo potuto
rivolgerci”.
4 III.
Un cumulo di rovine “L’angelo vorrebbe trattenersi, risvegliare
i morti e ricomporre ciò ch’è stato distrutto,. Ma un uragano
soffia dal paradiso e turbina nelle sue ali, ed è così forte che
l’angelo già non può dispiegarle. Questo uragano lo trascina
irresistibilmente verso il futuro, al quale volta le spalle, mentre
intanto il cumulo di rovine cresce davanti a lui fino al cielo”.
5 IV.
“Jeztzeit” “La storia è oggetto di una costruzione il cui
luogo non è il tempo omogeneo e vuoto bensì quello che è pideno
del ‘tempo di adesso’ [jetztzeit]” La minuscola iniziale è
dello scrittore. Il tedesco vorrebbe la maiuscola. Ma non è un
errore, è un’assimilazione alla lingua narrante, che è lo
spagnolo. Del resto, quanto all’uso tedesco, anche il poeta
austriaco Stephan George aveva abolito la maiuscola iniziale per i
sostantivi.
6 V.
L’immagine vera “L’immagine vera del passato è un’immagine
che minaccia di scomparire con ogni presente che non si riconosca
alluso in essa”.
7 Una
distruzione di prove, un cancellamento
di evidenze. Cancellare per vedere. … Solo possiamo vedere quello
che abbiamo perduto. Il resto, ciò
che crediamo avere, è invisibile.
Incomprensibile. In spagnolo cancellare si dice borrar, e bozza
borrador, borrado è il risultato della cancellazione
8 Fu
da quel punto che guardai Anna e sentii il suo corpo. Da quel punto
sentii il vuoto e percepii che in realtà anche io avevo bisogno di
perdermi. E mentre guardavo Anna, mentre la carezzavo vedendola da
fuori di me, mentre mi vedevo in quella scena e percepivo il vuoto,
sentii la necessità che Rick mi penetrasse. Non posso spiegarlo.
Era come se la mia identità si fosse confusa con quella di Anna,
come se guardandola potessi percepire ciò che lei stava sentendo,
come se l’energia di Rick fosse passata nel mio corpo attraverso
il contatto con la pelle di Anna. / Non dovetti dire niente. Solo
uno sguardo e lui parve capirmi. Credo che anche Anna. / Mai mi
avevano penetrato. Ciò che più vi somigliava continuava ad essere
la volta che tu mettesti un dito nel mio ano, la seconda notte che
finimmo a letto insieme. Non fu sgradevole, ma non rrivai a sentire
piacere. Tuttavia, quando Rick imbrattò il mio sfintere con un
lubrificante e cominciò a introdurre il suo cazzo nel mio culo
sentii una soddisfazione strana, un’emozione più in là della
carne, più in là del sesso. Mi sentii riempire. Notai un certo
abbandono, come se il corpo avesse bisogno di lasciarsi, slegarsi. E
solo in quell’abbandono potei incontrarmi e incontrare anche lo
sguardo di Anna. Mi incontrai nei suoi occhi perduti e torbidi. Mi
incontrai nel vuoto. Forse era precisamente a questo che Anna si
riferiva. Un riempirsi nel vuoto, o uno svuotarsi nella pienezza. Lo
sentii nel suo sguardo. E fu allora, mentre transitavo per quel
vuoto pieno, per quella pienezza vuota, quando cominciai a sentire
l’erezione. Mentre ricevevo gli assalti di Rick e guardavo la
faccia di Anna, mentre vedevo tutta la scena con quella distanza
ravvicinata che ho descrito qualce paragrafo fa, cominciai a notare
un grande vigore nel mio sesso. E fu in quel momento anche quando
sentii la necessità di penetrare Anna, di farlo per la prima volta.
10 L’arte
sorge quando quando tra tutte le possibilità
si sceglie non la più corretta o la più logica quanto l’unica
possibile.
11 L’arte
vera … solo esiste quando non puñ essere d’altra maniera di
quella che è. Non è scienza, chiaro, è
qualcosa di più.
12 Suppongo
che bisogna intuire quel punto di non ritorno, quell’istante di
pericolo in cui tutto si può perdere per sempre.
13 Sarebbe
l’unica assenza capace di udire i silenzi tra tanta parola.
l’unico riflesso che potrebbe decifrare gli spazi vuoti
determinati tra tanto linguaggio.
14 Non
c’è vera
storia. Quella che abbiamo ascoltato
questo pomeriggio è la sua storia, non la tua. L’unica vera
storia è quella che ti brucia, quella che
ci parla, quella che ci allude. Devi
entrare disposto a vederla. Apri gli occhi. Ancora di più. Deve
essere disposto a bruciarti.
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