ROMA.
IUC. ISTITUZIONE UNIVERSITARIA DEI CONCERTI. AULA MAGNA DELLA SAPIENZA:
ORAZIO
SCIORTINO: Après Tristan ... verso la
“nuova” musica. 16 gennaio 2016
Ciò
che colpisce subito l’ascoltatore, fin dalla prima frase del Preludio del
Tristano, e dall’intonazione del famoso (o, forse, famigerato) accordo, è
l’acutissima intelligenza con cui Orazio Sciortino, che ha composto lui stesso
la trascrizione per pianoforte, espone il discorso musicale, come se fosse
appunto un discorso dotato di senso. Lo fa con un tocco mutevolissimo, che
esalta le variazioni timbriche della pagina, e con un fraseggiare di sovrana
libertà, che però non è arbitrio, ma costruzione logica del periodo musicale.
Il concerto diventa così una sorta d’impaginazione della nascita delle
avanguardie musicali europee tra Otto e Novecento, a partire proprio dal
Tristano di Wagner. Sciortino sembra
avere letto e assimilato le pagine che Schoenberg dedica all’accordo del
Tristano nel suo Manuale di armonia. Di fatto esso non è niente di veramente
nuovo, ma il risultato di una combinazione contrappuntistica delle voci. Nuova
è, però, la condotta della dissonanza, che non vede la sua risoluzione, se non
alla fine della partitura, nell’accordo di si maggiore. Anche qui, in sé, il
rapporto tonale non è nemmeno così vertiginoso: dominante della dominante. Il
preludio è in la minore, si maggiore risulta, perciò, la dominante della
dominante mi di la minore. Le dita di Sciortino sembrano spiegarlo. Sta,
tuttavia, il fatto che quell’accordo venne sentito come punto di partenza per
una “nuova” musica. Nella storia se ne vedono tante di partenze come questa. Per
esempio, l’Ars Nova francese del XIV secolo che parte da una ristrutturazione
del calcolo delle suddivisioni dei valori di misura (se ne ricorderà Messiaën
nel XX secolo, e se ne approprierà, mutandone però fini e principi). Al
preludio wagneriano Sciortino fa seguire alcune musiche, che pur non essendo
sempre direttamente legate all’armonia del preludio, ne subiscono l’influsso o
ne proseguono l’azione dissolutrice delle funzioni armoniche tradizionali. Andrebbe
in realtà indagato quanto, soprattutto nell’ambito delle culture slave, abbiano
influito i modi liturgici medievali e quelli della musica popolare. Sicuramente
Chopin, prima di Wagner, era su questa strada e, anzi, è probabile che Wagner
ne abbia tenuto conto. E accordi, se non identici, simili a quello del Tristano
se ne trovano in Liszt, soprattutto nel Lied su testo di Goethe “über alle
Gipfeln”. Segno, come osserva lo stesso Schoenberg, che Wagner non nasce dal
deserto, ma che il processo di cromatizzazione dell’armonia era già in atto nel
primo romanticismo. Anzi Schoenberg ne individua la presenza addirittura nello
sviluppo dell’ultimo tempo della Sinfonia in sol minore di Mozart. Come sempre,
le dissonanze nascono da un uso spregiudicato dei ritardi. Schoenberg ne
individua perfino in Bach. Le pagine che seguono, sono come pannelli di un
medesimo polittico, a cominciare dalla Sonata op. 1 di Alban Berg.
Sembrerebbero estranei al percorso i Quattro pezzi op. 4 di Prokofiev. Ma non è
così, se s’individua la struttura della loro costruzione in una nuova
percezione del ritmo, di cui l’armonia appare il gradino di sostegno. La
rielaborazione che Sciortino stesso fa dei valzer del Cavaliere della rosa di Richard
Strauss, mostra poi un’altra faccia della rottura operata da Wagner: la
nostalgia per l’innocenza perduta. I compositori del Novecento non riusciranno
mai più a ricuperare l’apparenza (si badi, l’apparenza, solo l’apparenza!) di
fluidità istintiva delle melodie. Anche qui Schoenberg coglie nel segno, quando
individua già in Brahms questa nostalgia. La melodia di Brahms non ha niente di
spontaneo o che voglia apparire tale, nemmeno quando attinge al repertorio
popolare e tzigano.
La
seconda parte del concerto comincia con Jeux d’eau di Ravel. La fluidità
armonica si fa colore, il ritmo diviene evocazione. Con Debussy, L’isle
joyeuse, il viaggio alla Citera armonica si fa sospensione del tempo, nessun
accordo si risolve in un altro, tutti possono risolversi in qualunque altro. In
ambito slavo Janáček lo teorizza e lo applica. Messiaën, Huit Préludes, come si
diceva, ricerca un modo rigoroso di valutare le durate, come sei secoli prima
di lui aveva fatto Machaut. Skrjabin ,Sonata n. 4 op. 30, partito da Chopin,
approda alla libertà cromatica, e, per tornare al principio, la Morte di Isotta
trascritta da Liszt conclude il bellissimo concerto. Il furore degli applausi ottiene due bis
preziosi: un istantaneo ed ironico Poulenc, quasi un outsider, tra i musicisti
ascoltati, e la Ninna-nanna di Richard Strauss, trascritta per pianoforte.
Gioia pura! Ma dimostrazione anche, che le vie della Nuova Musica sono
molteplici, e non tutte partono da Wagner o lo proseguono. Aspettiamo che
Sciortino ci faccia ascoltare anche questi altri percorsi. Prepariamoci a “nuove”
gioie.
Dino
Villatico
Fiano
Romano, 19 gennaio 2016
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