...
el gran problema de la igualdad no es vencer el orgullo de los ricos, sino
vencer el egoismo de los pobres.
Carlos
Fuentes, La Silla del Águila, pag. 181.
( ... il grande problema dell’uguaglianza non è vincere
l’orgoglio dei ricchi, ma vincere l’egoismo dei poveri.
Carlos Fuentes, Il Seggio dell’Aquila, pag. 181 – in
italiano il titolo è stato tradotto, male: Il trono dell’Aquila. Silla è sedia,
e nella cosa pubblica, seggio)
Anche se ai nostri giorni qualcuno lo fa d’abitudine, non si
può semplicemente ridurre la democrazia al governo della massa (perché, in
verità, anche nei regimi oligarchici, e anzi in tutti i regimi, comanda la
maggioranza), né l’oligarchia al governo di pochi sulla città. Infatti, se
immaginiamo che tutto lo stato consti di milletrecento abitanti, e di questi
mille fossero ricchi ed escludessero dal governo gli altri trecento cittadini,
poveri ma liberi e per il resto uguali a loro, nessuno potrebbe dire che vivono
in una democrazia. Allo stesso modo, se i poveri si riducessero a pochi
elementi ma fossero più potenti del gran numero di ricchi, la loro costituzione
non meriterebbe il nome di oligarchia se gli altri, i ricchi, non avessero
accesso alle cariche. Piuttosto bisogna dire che si ha democrazia quando il
potere è nelle mani di uomini liberi, e oligarchia quando i ricchi governano, e
avviene che i primi – i liberi – siano in maggior numero, i secondi – i ricchi
– in minoranza. Infatti, se le cariche si assegnassero in proporzione alla
statura, come si racconta che succeda in Etiopia, oppure in proporzione alla
bellezza, ci sarebbe pur sempre un’oligarchia, perché non sono molti gli uomini
belli e alti di statura. Tuttavia, non bastano questi criteri a definire tali
costituzioni, ma poiché sia la democrazia sia l’oligarchia sono realtà formate
di più elementi, si deve ancora distinguere che non è democrazia un’istituzione politica in cui pochi liberi
comandino su molti non liberi. come succedeva ad Apollonia sullo Ionio e a Tera
(due città in cui le cariche erano appannaggio di chi vantava nobili origini e
dei primi fondatori delle colonie, i quali erano una parte esigua rispetto alla
maggioranza), e che neppure costituisce un’oligarchia il predominio dei ricchi
quando sia dovuto al loro numero, come anticamente è successo a Colofone (dove
il grosso dei cittadini si era arricchito a dismisura prima che scoppiasse la
guerra contro i Lidi); invece avremo democrazia quando i liberi non abbienti
siano detentori del potere per il fatto di essere in maggioranza, e si avrà
oligarchia se lo saranno i ricchi e i più nobili, nonostante siano pochi.
Aristotele, Politica, IV, 4, traduzione di Roberto Radice,
Milano, Lorenzo Valla, 2014, pp. 211-13.
E’ forse la prima volta che il problema politico delle
costituzioni sia affrontato con metodo critico, senza prefigurare, a differenza
di Platone, un regime ideale di governo. La prosa secca, essenziale, precisa,
di Aristotele (il testo greco è di una limpidezza inimitabile!) sembra qui
anticipare le analisi politiche di Machiavelli. Credo questo passo assai
importante anche per l’attuale riflessione politica. Riconduce il problema nei
suoi limiti politici, costituzionali. Evita di proposito l’appello ideologico.
Aristotele aveva tra le mani una poderosa ricerca sulle costituzioni di tutto
il mondo allora conosciuto, avviato proprio nella sua scuola. Ciò che
impressiona, di questa pagina, è la concretezza dei riferimenti. Aristotele non
parla di aria fritta, ma di ciò che esiste o, piuttosto, di ciò che conosce.
Non dovremmo fare lo stesso? Senz’avventurarci in ipotesi o immaginarie o
sentimentali o dettate puramente dai nostri desideri e dalle nostre
frustrazioni? Vedo molto nero il nostro futuro. Aristotele non fu ascoltato
(come prima di lui non furono ascoltati né Socrate né Platone), fu costretto a
fuggire da Atene, perché, Macedone, lo si credeva, non del tutto a torto,
colluso con la Potenza Macedone. Scelse l’esilio a Calcide, nell’Eubea, per
evitare, come disse, che gli Ateniesi si macchiassero di nuovo di un
“filosoficidio”. La Grecia divenne provincia Macedone. E oggi, l’Europa, di che
Potenza diventerà Provincia?
Quanto alla riflessione di Fuentes, tratta dal suo
bellissimo romanzo di fantapolitica, La Silla del Águila (Il seggio
dell’Aquila), è una perfetta integrazione, questa sì, psicologica, all’analisi
fredda del filosofo. Le recenti elezioni tedesche nel Meklenburgo sembra dargli
ragione.
In margine: Aristotele, più di duemila anni prima di Marx,
basa la sua analisi esclusivamente sui rapporti di forza economici. Sono questi
rapporti a determinare le forze e le tensioni politiche.
Fiano Romano, 5 settembre 2016
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