lunedì 5 settembre 2016

La democrazia secondo Aristotele



... el gran problema de la igualdad no es vencer el orgullo de los ricos, sino vencer el egoismo de los pobres.

Carlos Fuentes, La Silla del Águila, pag. 181.

( ... il grande problema dell’uguaglianza non è vincere l’orgoglio dei ricchi, ma vincere l’egoismo dei poveri.
Carlos Fuentes, Il Seggio dell’Aquila, pag. 181 – in italiano il titolo è stato tradotto, male: Il trono dell’Aquila. Silla è sedia, e nella cosa pubblica, seggio)
Anche se ai nostri giorni qualcuno lo fa d’abitudine, non si può semplicemente ridurre la democrazia al governo della massa (perché, in verità, anche nei regimi oligarchici, e anzi in tutti i regimi, comanda la maggioranza), né l’oligarchia al governo di pochi sulla città. Infatti, se immaginiamo che tutto lo stato consti di milletrecento abitanti, e di questi mille fossero ricchi ed escludessero dal governo gli altri trecento cittadini, poveri ma liberi e per il resto uguali a loro, nessuno potrebbe dire che vivono in una democrazia. Allo stesso modo, se i poveri si riducessero a pochi elementi ma fossero più potenti del gran numero di ricchi, la loro costituzione non meriterebbe il nome di oligarchia se gli altri, i ricchi, non avessero accesso alle cariche. Piuttosto bisogna dire che si ha democrazia quando il potere è nelle mani di uomini liberi, e oligarchia quando i ricchi governano, e avviene che i primi – i liberi – siano in maggior numero, i secondi – i ricchi – in minoranza. Infatti, se le cariche si assegnassero in proporzione alla statura, come si racconta che succeda in Etiopia, oppure in proporzione alla bellezza, ci sarebbe pur sempre un’oligarchia, perché non sono molti gli uomini belli e alti di statura. Tuttavia, non bastano questi criteri a definire tali costituzioni, ma poiché sia la democrazia sia l’oligarchia sono realtà formate di più elementi, si deve ancora distinguere che non è democrazia  un’istituzione politica in cui pochi liberi comandino su molti non liberi. come succedeva ad Apollonia sullo Ionio e a Tera (due città in cui le cariche erano appannaggio di chi vantava nobili origini e dei primi fondatori delle colonie, i quali erano una parte esigua rispetto alla maggioranza), e che neppure costituisce un’oligarchia il predominio dei ricchi quando sia dovuto al loro numero, come anticamente è successo a Colofone (dove il grosso dei cittadini si era arricchito a dismisura prima che scoppiasse la guerra contro i Lidi); invece avremo democrazia quando i liberi non abbienti siano detentori del potere per il fatto di essere in maggioranza, e si avrà oligarchia se lo saranno i ricchi e i più nobili, nonostante siano pochi.
Aristotele, Politica, IV, 4, traduzione di Roberto Radice, Milano, Lorenzo Valla, 2014, pp. 211-13.
E’ forse la prima volta che il problema politico delle costituzioni sia affrontato con metodo critico, senza prefigurare, a differenza di Platone, un regime ideale di governo. La prosa secca, essenziale, precisa, di Aristotele (il testo greco è di una limpidezza inimitabile!) sembra qui anticipare le analisi politiche di Machiavelli. Credo questo passo assai importante anche per l’attuale riflessione politica. Riconduce il problema nei suoi limiti politici, costituzionali. Evita di proposito l’appello ideologico. Aristotele aveva tra le mani una poderosa ricerca sulle costituzioni di tutto il mondo allora conosciuto, avviato proprio nella sua scuola. Ciò che impressiona, di questa pagina, è la concretezza dei riferimenti. Aristotele non parla di aria fritta, ma di ciò che esiste o, piuttosto, di ciò che conosce. Non dovremmo fare lo stesso? Senz’avventurarci in ipotesi o immaginarie o sentimentali o dettate puramente dai nostri desideri e dalle nostre frustrazioni? Vedo molto nero il nostro futuro. Aristotele non fu ascoltato (come prima di lui non furono ascoltati né Socrate né Platone), fu costretto a fuggire da Atene, perché, Macedone, lo si credeva, non del tutto a torto, colluso con la Potenza Macedone. Scelse l’esilio a Calcide, nell’Eubea, per evitare, come disse, che gli Ateniesi si macchiassero di nuovo di un “filosoficidio”. La Grecia divenne provincia Macedone. E oggi, l’Europa, di che Potenza diventerà Provincia?
Quanto alla riflessione di Fuentes, tratta dal suo bellissimo romanzo di fantapolitica, La Silla del Águila (Il seggio dell’Aquila), è una perfetta integrazione, questa sì, psicologica, all’analisi fredda del filosofo. Le recenti elezioni tedesche nel Meklenburgo sembra dargli ragione.
In margine: Aristotele, più di duemila anni prima di Marx, basa la sua analisi esclusivamente sui rapporti di forza economici. Sono questi rapporti a determinare le forze e le tensioni politiche.
Fiano Romano, 5 settembre 2016

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