A Cracovia è allestita una mostra – molto bella – dal titolo
Maria Mater Misericordiae. Sono esposte diverse raffigurazioni, dipinte su tela,
su legno e scolpite in legno e in marmo, della Madonna, compresa una copia.
perfetta! della Pietà di Michelangelo che si ammira in una cappella della
basilica di San Pietro, a Roma. Ma sono
tutte immagini composte, armoniose, non disturbanti, del dolore di Maria: lo
stesso Michelangelo fermò ben altra angoscia nella sublime Pietà Rondanini che
si ammira nel Castello WSforzesco di Milano. Di fatti, nella storia della
pittura e della scultura europee dal Medio Evo a oggi, non mancano rappresentazioni
terribili, laceranti, del dolore di Maria per la morte del figlio. Nella stessa
Polonia, a Varsavia, c’è una meravigliosa Pietà quattrocentesca, di un pathos
esasperato. La morte è affrontata dall’artista in tutta la sua tremenda
convulsione del distacco, dell’assenza. Ci si chiede come mai non sia stata
esposta nella mostra di Cracovia. Credo, però, che l’edulcoramento della mostra
cracoviana non sia casuale, ma sia dettato dall’intento di offrire un messaggio
di pacificazione, di consolazione, di speranza. In sintonia con l’ideologia
trionfante del mondo di oggi, che evita di affrontare la tragedia nella sua
nuda realtà, a meno che non si faccia spettacolo trash, e allora è lo
spettacolo a predominare sull’orrore. Come se pacificazione, consolazione, speranza
dovessero nascere dal mascheramento, dall’occultamento della tragicità della
vita. Ecco il lato del messaggio cristiano, o piuttosto di quel messaggio come
ci viene offerto dalla Chiesa di Roma, che non mi piace, anzi mi disturba, mi
suona falso. Mi piacerebbe sapere, se fosse possibile reinterrogarli, che cosa
ne potrebbero pensare una Santa Teresa, un San Giovanni della Croce, un Pascal.
O, più vicino a noi, un Teilhard de Chardin. E cito non a caso tre grandissimi
pensatori cristiani. La riflessione cristiana sul dolore, infatti, non è quella
calcomania consolatoria che la propaganda posttridentina della Chiesa Romana vorrebbe
farci credere. L’invocazione a Maria, da San Bernardo a Claudel, è impregnata
di un dolore estremo, della consapevolezza della miseria del transeunte, della
sofferenza dell’effimero. Tanto per restare nell’ambito della tradizione
italiana, dall’ultimo canto del Paradiso (figlia del tuo figlio!) al Pianto di
Jacopone, allo Stabat Mater di Pergolesi: dicono, tra l’altro, che il lamento
iniziale, indimenticabile, gli fosse ispirato dal lamento di una madre che il
musicista vide e sentì lamentarsi a Porta Capuana, a Napoli, sotto il corpo
pendente del figlio impiccato: con lo stesso corto circuito tra realtà “abbietta”
e significato “sublime” che c’è nella Morte della Vergine di Caravaggio, in cui
il corpo della Madonna è il cadavere di una puttana annegata nel Tevere. Ecco
qui sotto la bellissima pietà lignea polacca:
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