DINO VILLATICO
POESIE D’AMORE A UN GATTO
1.
Accucciato nell’angolo
dei filosofi, tra Spinoza e
Wittgenstein,
mio dolce Cherubino,
immagino che dallo scaffale della
libreria
ora la tua fantasia
insegua grilli cavallette farfalle.
Tra poco salirò le scale,
andrò nel bagno per lavarmi i denti,
mi ficcherò stanchissimo
sotto le lenzuola.
Ti sveglierai. Guarderai la stanza
al buio, la scrivania
senza di me, il computer spento.
Mi chiamerai. Come fai tu.
Due brevi, sommessi miagolii.
Salirai anche tu le scale,
e ripetendo i due brevi miagolii
sgattaiolerai furtivo
sulla coperta fino al mio cuscino.
Là ti accuccerai di nuovo,
e addormentandoti
farai le fusa sopra la mia testa.
2.
Basilio è un gatto
nero, dispettoso,
per questo
Cherubino lo punzecchia,
lo scaccia via dal
letto,
lo morde, vuole
tutto per sé lo
sfizio d’impastarmi
con le sue zampe il
petto. Poi fa pace,
e s’accucciano
insieme alle mie piante.
3.
Che stai per dirmi,
Cherubino?
spalanchi gli
occhi, ma non so
se per significarmi
che m’ami,
o se per
insultarmi, e rinfacciarmi
che al solito, di
te, io non capisco niente.
Come i bambini, non
sai dirmi
che male t’assedia,
non puoi,
e io non sono uno
stregone.
Ci sembra l’immenso
giardino
un paradiso,
perfino quando
lo imbrattiamo di
parole inutili:
m è una piccola
aiuola di dolore.
Il tuo? il mio?
quello di tutti gli altri?
Potessimo saperlo,
Cherubino!
Il peggio è che
nessuno sa,
fuori di sé, quello
dell’altro.
4.
I miei tre gatti dormono sul prato.
E cresce l’erba sotto il loro sonno.
Mi chiedo se anche loro, inavvertito,
eppure anche smanioso sotto il pelo,
quel fruscio dell’emergere dal niente
lo sentano passare. E se dormendo,
chi sa se consapevoli o inesperti,
sognino quel passaggio. O se magari
lo confondano con la mia carezza.
E ne rabbrividiscono, per l’ansia
che da un momento all’altro
potrebbero desiderarla invano.
5.
La tua zampetta chiede all’aria il
filo
del bastoncino ch’io non voglio farti
prendere e che goloso ti fa perdere
la testa. Quando finalmente afferri
la leccornia, la mastichi furioso.
Penso che solo quel piacere lascio
alla tua bocca, che dell’altro tolsi
alla tua mente anche il ricordo. E
sento
rimorso per averti limitato
questa gioia di vivere. Perdono
sembra la tua dolcezza. Mi domando,
però, se basta questo amore al mondo
in cui forse pensavi ce ne fosse
anche dell’altro. Se non sia da bestia
l’egoismo dell’uomo che preserva,
mutilato, l’amore di una bestia.
6.
Nessun amore al mondo è corrisposto
con la stessa perenne pertinacia
la stessa inconfutabile certezza
quanto l’amore
di un gatto. Di nessuna scelta dubbio
più infondato può sorgere, che
l’occhio
infallibile t’abbia soppesato
di un gatto.
La musica con cui se l’accarezzi
ti risponde, confessa il suo disarmo,
ti dona la sua resa, ma ti chiede
la stessa dedizione.
7.
Non sopporti che a un tratto
m’allontani
da te. Perciò, se torno, mi sequestri,
non mi lasci respiro. Un miagolio
di rimbrotto m’annuncia la sorpresa
di una visita nel mio studio, salti
sulla mia scrivania con la distratta
calma di chi reclama il suo diritto.
Ti aggomitoli accanto al mio computer,
e t’addormenti. Il tuo amore è questo:
rimproverarmi con la tua venuta
che ti tolgo talvolta la mia vista.
E quando pensi che la tua lezione
io finalmente l’ho imparata, scappi
d’un tratto nel giardino, insegui un
topo,
catturi una lucertola, tormenti
un passero, e scompari. Ma la notte,
senza fare rumore, ti distendi
sul mio cuscino e presto ti
addormenti.
Io sento ininterrotta sulla testa
la musica con cui sussurri: t’amo.
Fiano Romano 13 gennaio – 9 settembre 2016
Nessun commento:
Posta un commento