AROUND BACH.
Massimo
Giuseppe Bianchi, pianoforte
DECCA, 481
4521
Johann
Sebastian Bach, Toccata e Fuga in re minore BWV 565 (trascrizione di Ferruccio
Busoni)
Max Reger,
Variazioni e Fuga su un tema di Johann Sebastian Bach op. 81
Franz Liszt, Weinen, Klagen. Sorgen, Zagen (Cantata n. 12 di Bach)
César Franck, Preludio, Corale e Fuga
Johann
Sebastian Bach, Capriccio sopra la lontananza del fratello dilettissimo BWV 992
Il titolo
ricorda un’indimenticabile melodia di Thelonious Monk e un bellissimo film di
Tavernier. Forse il più bel film sulla
figura di un musicista, perché veramente racconta il musicista e non un romanzo
in cui la musica costituisca solo lo sfondo.
Il titolo di questo cd mi ha evocato sia Monk sia Tavernier. E non mi dispiace. Una volta tanto il titolo
inglese non appare un vezzo alla moda, ma un incitamento a esercitare la
fantasia. Qui si tratta di Bach. Johann Sebastian, naturalmente, anche se
ultimamente vedo con piacere crescere l’interesse per i suoi figli, e in
particolare per Carl Philipp Emanuel, compositore straordinario, e indispensabile
per conoscere lo sviluppo della musica, non solo tedesca, della seconda metà
del Settecento. Beethoven lo amava
molto, e ne fu profondamente stimolato. Ma che significa “Intorno a Bach”? E’
una leggenda metropolitana, infatti, che Bach, dopo la sua more, fosse stato
dimenticato. Sparì dal repertorio dei concerti. Ma la sua musica continuò a
fecondare la musica europea attraverso i suoi allievi sparsi dovunque in
Europa: Beethoven è allievo di un allievo di Bach, Christian Gottlob Neefe. Fu per il giovane un maestro e un padre. Il
padre biologico era un alcolista, e il figlio. Ragazzo, doveva raccoglierlo
ubriaco nelle bettole per riportarlo a casa. Fu Neefe a raccomandarlo a Haydn.
E gli regalò una copia del Clavicembalo Ben Temperato trascritto di sua mano.
Beethoven vi si esercitava, come poi Chopin, ogni giorno. E lo conservò
amorosamente fino alla morte. Chopin, appunto: allievo di un allievo di Bach,
Elsner. Da lui apprese i fondamenti del contrappunto. Ai quali resta fedele in
tutta la sua opera. Fu contrariato dalla riforma che Cherubini introdusse nel
Conservatorio di Parigi e che da Parigi si estese al resto di Europa: lo studio
dell’armonia, da allora, precede quello del contrappunto. Chopin riteneva,
invece, e credo giustamente, che solo lo studio del contrappunto possa far
comprendere le funzioni armoniche. Ma torniamo a questo cd. Bach ne è il filo
conduttore: innerva le strutture musicali di Busoni, Liszt e Franck, dopo avere
ascoltato i quali il pianista Massimo Giuseppe Bianchi ripropone Bach, un Bach
giovanile, il Capriccio sopra la lontananza del fratello dilettissimo. La scelta del pianoforte è decisiva per
chiarire l’impostazione del percorso musicale. Beethoven, Chopin, Schumann,
Liszt, Brahms suonavano Bach, e lo suonavano sul pianoforte. Questa esperienza
si trasferisce e ha molteplici influssi sulla loro opera. Il pianoforte
diventa, anzi, lo strumento mediatore del pensiero musicale di Bach. Da qui le
trascrizioni. Del resto già Bach scrisse molte trascrizioni per tastiera da
concerti di Vivaldi, Marcello e altri. Si comincia dunque la trascrizione della
Toccata e fuga in re minore per organo BWV 565. E’ una pagina monumentale, di
un Bach appena diciottenne. Attraverso un sapiente gioco di raddoppi e di uso delle
diverse sezioni della tastiera Busoni ottiene sul pianoforte le rifrazioni
armoniche dell’organo. Si tratta di
giocare sugli armonici delle corde di volta in volta percosse e della loro
combinazione. L’effetto è sbalorditivo.
Ma ancora più sbalorditive sono le Variazioni di Max Reger su un tema di
Johann Sebastian Bach op. 81. Reger non si pone il problema di un suono
bachiano. Questo problema affligge gli
interpreti un po’ pedanti della seconda metà del Novecento. Bach non ha un suo
suono. Elabora relazioni tra gli intervalli. E queste gli interessano. Naturalmente
è ovvio che anche Bach sia attento al suono degli strumenti, al rapporto tra di
essi e con la voce mana. Ma non è la sua preoccupazione principale. E questo
traspare dalle rielaborazioni di Reger. Il mondo contrappuntistico di Bach è
trasferito di peso all’esperienza romantica del pianoforte. Anzi, all’esperienza virtuosistica del
pianoforte. Potrebbe sembrare un ingombrante sovraccarico strumentale solo per
chi ignora la scrittura virtuosistica per organo, per cembalo e per violino o
per violoncello, per flauto, di molte pagine di Bach. L’esasperato cromatismo
di César Franck farebbe pensare più a Wagner che a Bach. Ma una partitura come
il Preludio, Corale e Fuga resterebbe incomprensibile senza il pensiero
contrappuntistico bachiano. Del resto lo stesso Wagner deve più di una
suggestione a Bach. Sorprendente, invece, per la sua asciuttezza, le variazioni
lisztiane Weinen, Klagen, Sorgen, Zagen sul tema della omonima cantata bachiana. Ci aspetteremmo
virtuosismi pirotecnici da un mago del pianoforte come Liszt. Invece le
variazioni sono una pagina di cupo intimismo, densa, intensissima. Arriva, come
un canto liberatorio, il Capriccio sopra la lontananza. Il dolore assottigliato
a poche linee in contrappunto. Purissima la melodia del lamento. Una melodia
discendente, come da tradizione. Ma efficacissima, dolorosamente espressiva.
Riecheggia il più tardo Weinen, Klagen, ecc. Tornati nella casa da
cui eravamo partiti, e cioè nella rete dei contrappunti bachiani, il cuore
trova riposo, la mente ripercorre il cammino percorso, e ci si rende conto
della permanenza di un pensiero, non solo musicale, come quello di Bach, che
sgombra il terreno del superfluo, per scendere al nodo della musica, e ripeto,
non solo, ai rapporti tra i suoni, all’effetto che la combinazione di questi
rapporti produce sulla nostra sensibilità e sulla nostra intelligenza. In
questo prosciugamento dell’idea musicale, si è alla fine illuminati dal
prosciugamento stesso delle idee, la cui semplicità è l’unico vero specchio
della complessità del reale. Massimo Giuseppe Bianchi, di Bach e degli altri
musicisti, ci offre una lettura acuta, e il fraseggiare lo ascoltiamo
espressivamente libero. Ma soprattutto limpidissima ci appare la digitazione
del contrappunto. Un percorso vertiginoso nelle profondità della musica intesa
come pensiero, e non solo come feconda fonte di emozioni. Non mancano, certo,
anche le emozioni. Ma il percorso conduce altrove. All’essenza, forse, della
musica: che non è solo emozione, ma nemmeno solo razionalità. Bensì un percorso
verso la congiunzione di sentimento e ragione. Bianchi questo percorso quasi
iniziatico all’essenza del pensiero musicale, non solo di Bach, ce lo fa
camminare passo passo, esentiamo allora che il ritornare al punto di partenza,
più che chiudere un cerchio, ci apre, può darsi, lo sguardo, e l’orecchio, ad
altre intelaiature musicali, ad altri paesaggi del pensiero. Dopo Reger, perché
non intravedere Mahler,Schoenberg, Berg, Webern, Stravinsky? o addirittura
Stockhausen, Boulez? Sarebbe pensabile, infatti, l’imponente Seconda Sonata di
Boulez senza il nume tutelare di Bach?
Fiano
Romano, 1 dicembre 2016
Emozionante! Emozionante questa discesa nelle pieghe più profonde del tessuto musicale bachiano. E mi rendo conto, io modesta, ma profondamente innamorata, fruitrice dell'opera di Bach (c'è stato un periodo della mia vita in cui non ascoltavo altro e la BWV 565 era diventata quasi un'ossessione), di quanto ancora abbia da imparare su di lui. Non faccio che ringraziarti, Dino, e non so spiegarti quanto davvero ti sia grata per questa nota, anche per il conforto che mi da vedere fra i musicisti da te elencati come eredi del grande Maestro, quello Stockhausen così spesso incompreso e disprezzato.
RispondiEliminaCara Fiorella, io ho chiuso la mia carriera di insegnante con un corso sull'Arte della fuga. Opera che credevo di conoscere e per questo l'avevo scelta come mio personale congedo dall'insegnamento. Invece, preparando il materiale per le lezioni mi sono accorto che non conoscevo quasi niente! A cominciare dal calcolo minuzioso delle diminuzioni del'unità di durata da un contrappunto all'altro. Il diagramma sembra elaorato al computer. Ma questo è solo un aspettto. Per il resto, a cominciare dal titolo dell'opera (non di Bach) e dll'infondatezza della tradizione che vuole incompiuta l'ultima fuga - non è questo lo spazio per discuterne ancora - mi si è aperto tutto un nuovo modo di leggere la sublime partitura, e tutto Bach. Mala conferma, anche, che l'opus terminale, riassuntivo di un lungo percorso, sia la Messa in si minore. Tra l'altro, un giorno - lo ricordo come fosse ieri - mi balzò evidente agli occhi che il soggetto della fuga che apre la Messa, il Kyrie, è una variante del soggetto dell'ultima fuga del secondo volume del Clavicembalo ben emerato. La tonalità, tra l'altro, è la stessa, si minore. Ma vorrebbe dire poco. Il soggetto dell'Arte della fuga, in re minore, è tratto da una fuga giovanile per organo, in sol minore. Inesauribile Bach, perenne contemporaneo!
EliminaGrande, anzi immenso, è Johann Sebastian Bach.
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